Don Luigi Ciotti esorta gli studenti del Campanella a «sottrarsi alla legalità di facciata»

Il presidente nazionale di Libera ospite delle commemorazioni per il 25° anniversario dell'uccisione di Tramonte e Cristiano

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    Il Liceo Campanella nell’auditorium dell’istituto ha accolto il presidente nazionale di Libera don Luigi Ciotti nell’ambito delle commemorazioni per il 25° anniversario dell’uccisione da parte della ‘ndrangheta dei netturbini Pasquale Cristiano e Francesco Tramonte avvenuto a Lamezia all’alba del 24 maggio 1991.
    Dopo un primo momento di raccoglimento in preghiera nella tenda allestita all’esterno della scuola, per la contemporanea “Esposizione Eucaristica”, nell’auditorium si son avvicendati gli interventi di Nancy Cassalia di Libera e il contributo dei parenti delle vittime, Francesco (fratello di Cristiano) e Maria (figlia di Tramonte), unitamente al messaggio di benvenuto da parte del preside del Liceo, Giovanni Martello, il quale ha ringraziato don Ciotti per la presenza e ha parlato di quella giornata del maggio di 25 anni fa come «un fatto doloroso entrato nelle nostre coscienze. Quella di oggi è solo l’ultima di una lunga serie di avvenimenti che la nostra scuola ha organizzato sul tema della legalità in quanto si deve puntare alla formazione di una cittadinanza attiva e planetaria».
    Francesco Cristiano nel suo intervento ha parlato di una mafia «che uccide lavoratori e innocenti per la strada e soffoca l’economia, in quanto gli imprenditori locali sono assoggettati al pagamento del pizzo. L’unico modo per uscire da questa situazione è avere giovani generazioni che studiano e lavorano onestamente».
    Maria Tramonte ha ripercorso gli avvenimenti di quella mattina: «ci hanno chiamato nel cuore della notte dicendoci di andare a Sambiase perché mio padre era morto. Così, senza un minimo di delicatezza. Di mio padre mi resta l’orgoglio di ricordarlo come una persona onesta e orgogliosa del suo lavoro».
    «Sono venuto qui volentieri perché queste due vittime devono continuare a vivere nelle nostre vite affinché si affermi la verità. Il 75% delle stragi di mafia – ha ricordato Don Ciotti – attendono ancora i colpevoli. Basta con la memoria piena di inutile retorica. Quella che serve è una memoria viva della responsabilità».
    Don Ciotti si è poi scagliato inevitabilmente contro il muro di omertà che circonda le stragi affermando che «l’omertà uccide la verità e la speranza e le verità passeggiano per le vie delle nostre città». L’etica civile, per don Ciotti, è fondamentale perché si possa essere cittadini responsabili «non ad intermittenza. Il cambiamento ha bisogno di ciascuno di noi. Ognuno deve fare la sua parte. Non basta solo commuoversi, bisogna muoversi», esortando gli studenti a «sottrarsi alla legalità di facciata» ed ad iniziare a dare il proprio contributo «al progresso della società con piccoli comportamenti quotidiani in famiglia, nelle scuole, con gli amici. Anche ribellarsi al bullismo e non girare la testa dall’altra parte di fronte ai soprusi è un primo passo per contrastare la criminalità. Le mafie – ha ricordato – sono forti perché hanno costruito solide relazioni in svariati ambiti».
    Un business quello dei rifiuti, più redditizio della droga e su cui da tempo le consorterie mafiose tentano di infiltrarsi non solo al sud ma anche e soprattutto al nord. Don Ciotti ha ricordato infatti che «le mafie hanno le radici al sud ma il loro sviluppo sta avvenendo ed avverrà inevitabilmente nel Nord del Paese ed è anche lì la vera emergenza per un fenomeno che sta diventando internazionale».

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