«Non ci interessano i giovani che si incappucciano per raccogliere voti dai clan, o quelli che prendono i voti procacciati dai genitori»

Il movimento democratico e progressista Articolo Uno cerca di mettere radici anche a Lamezia Terme

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    Di GIANLUCA GAMBARDELLA
    Dopo essere stata fondata da 40 deputati e 15 senatori in Parlamento, il movimento democratico e progressista Articolo Uno cerca di mettere radici anche a Lamezia Terme dietro la senatrice Doris Lo Moro, che al suo seguito ha coinvolto altri ex Pd lametini.
    Tra questi Maria Antonietta De Fazio, che nel 2015 con le liste democratiche si era candidata ottenendo 238 preferenze, parla di «un popolo della sinistra che si ricompatta, si ritrova, come detto da Bersani», criticando le scelte del Governo su alcune tematiche legate al mondo del lavoro come voucher o articolo 18.
    Sulla situazione locale l’ex coordinatrice della sezione Primerano sostiene ci sia stata «una politica imposta, senza dialogo. Abbiamo così voluto superare questa fase, essere propositivi», aspetto ripreso anche da un altro ex esponente della sezione di corso Numistrano, Fabio Lorelli: «non vogliamo mettere in piedi un altro partito, ma riuscire a costruire un luogo di incontro e discussione. La sensazione avuta in alcune riunioni del Pd era che chi chiunque avesse avuto una posizione diversa era “l’altro”, senza che fosse spiegata la posizione non condivisa. I partiti son “non luoghi”, le sedi son legate ad azioni elettorali o passaggi di politici nazionali, ma poi rimangono vuote per le attività di confronto».
    Lorelli lamenta che «di alcune cose nelle sezioni lametine non si poteva parlare, perché decise già altrove. Abbiamo fronteggiato dei meccanismi che non funzionavano, il consumarsi delle forze che c’erano sul territorio, ma come Mdp cercheremo di non portare avanti l’idea del capo ma quelle di tutti. Uscire dall’idea di soggettività, recuperare l’alterità, ritrovare l’obbligo dell’ascolto».
    Analizzando i dati delle amministrative da poco passate Claudio Cavaliere etichetta come «non normale che ad elezioni così vicine alla gente vada a votare poco più del 50%, non è naturale che gli elettori si allontanino così dalla politica. Le persone si incontrano solo in prossimità delle campagne elettorali, e si esaurisce tutto là facendo gestire le sorti da altri».
    Sulla nuova sigla però Cavaliere opta per una posizione cauta: «non so se sia la strada giusta, ma a Lamezia stiamo ritornando ad augurarci di evitare il peggio, che sia ieri il dissesto ed oggi lo scioglimento per infiltrazioni per mafia. Altro segnale di allarme è quello di centinaia di candidati che spariscono all’indomani delle elezioni, perché manca il radicamento sul territorio. In questo momento credo che noi abbiamo il vantaggio di nascere sapendo quali sono le cose da evitare e non fare, quanto appreso in 30 anni di partito».
    La Lo Moro specifica che «non vogliamo puntare a riunire gli ex Pd, non siamo un pezzo di quel partito che ne crea un altro. Chi non ci vuole bene ci ha chiamato “scissionisti”, ma non ha mai preso coscienza della lontananza che i giovani hanno dalla politica. Il circolo lametino potrebbe avere come obiettivo questo di ritrovare così il confronto in luoghi pubblici, di far incontrare chi ha diviso la propria strada da quella della politica».
    Se i numeri al momento son esigui (30.000 adesioni a livello nazionale), la senatrice non si preoccupa perché «siamo ancora nella fase di formazione, ma non dobbiamo respingere l’idea che si debba avere un percorso condiviso con un leader ben preciso, sia a livello nazionale che locale. Il leader deve però essere rappresentativo, riconosciuto, ma non deve imporre un’idea precostituita quanto piuttosto favorirne la formazione».
    Per la Lo Moro altro rischio è che «i potenziali leader vengano uccisi sul nascere, ed avviene anche a livello locale e regionale. Ci troviamo spesso a discutere con gli stessi esponenti perché i partiti non riescono a formare nuova classe dirigente, mentre la nascita di questo movimento già parte con auspici diversi rispetto ai partiti».
    Citando il referendum che ha segnato la fine dell’esperienza di premier di Matteo Renzi, la senatrice distingue i potenziali alleati: «non ci rivolgiamo solo a chi ha votato NO, non abbiamo la visione asfittica di chi vuole una sigla per avere una rappresentanza. Il movimento nasce per andare verso qualcosa, avere una cultura di governo che con un solo 3 o 4%  non si potrà garantire, riappropriarci delle identità di sinistra che passa da lavoro ed eguaglianza».
    La senatrice esclude però un proprio ruolo guida a Lamezia, «perché son impegnata altrove», ricordando la propria posizione sui voucher, l’essere relatrice sulla proposta dello Ius Soli, e l’apertura ad un dialogo con le altre anime della sinistra come la corrente di Pisapia, Possibile, Libertà e Giustizia,Cgil e Sinistra Italiana.
    Sulla posizione locale si distingue: «non abbiamo consiglieri comunali, ma non possiamo non ritenerci interessati a quanto dice o non dice l’opposizione in aula. E’ impensabile che in città non si discuta di quanto sta succedendo, il che non vuol dire chiedere le dimissioni altrui ma confrontarsi, partendo dai giovani. Non ci interessano però quelli che si incappucciano per raccogliere voti dai clan, o quelli che prendono i voti procacciati dai genitori».
    Prossimo incontro sarà lunedì a Vibo Valentia con Roberto Speranza, «ma confido che quanto prima possa avvenire anche a Lamezia» conclude la Lo Moro «che sia con Roberto Speranza o con Pierluigi Bersani».

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