Dal 2015 al 2017 ad ogni uscita il Progetto B.U.S. ha incontrato da 35 a 55 prostitute sulle strade del lametino

Al 31 dicembre 2016 i dati Istat certificano infatti che sui 70.891 residenti son 5.133 gli stranieri (2748 maschi e 2385 femmine) nella città della piana

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    Una due giorni (valevole anche come corso di aggiornamento per assistenti sociali e giornalisti), tra ieri ed oggi nel Chiostro di San Domenico, per fare il punto anche sui braccianti  stranieri  nella piana lametina prendendo spunto dal report, offerto nell’omonimo libro, curato da Francesco Carchedi, Marina Galati, Isabella Saraceni che raccoglie le storie e alle testimonianze sul campo messe insieme grazie al Progetto B.U.S. (buone uscite dallo sfruttamento).
    Nella presentazione offerta la Galati stima che «nel mondo vi siano intorno ai 21 milioni di vittime di tratta e lavoro forzato. In Italia all’incirca 60.000 donne sono costrette a prostituirsi e 150.000, soprattutto giovani migranti, sono sottoposti alla tratta a fini di sfruttamento lavorativo. Tutto ciò produce un giro d’affari annuo, a livello mondiale, di 150 miliardi di dollari» mentre in Calabria l’esponente della Comunità Progetto Sud parla di «circa 1.000 donne che ogni anno finiscono nel circuito della prostituzione per strada. Si stima che le organizzazioni criminali da una donna vittima di tratta immessa nel giro della prostituzione possano trarre un profitto fino a 150.000 euro in un anno».
    L’esperienza delle unità di strada effettuate a Lamezia Terme, raccontate nel report da suor Anna Cerutti dell’associazione Mago Merlino, certifica «una forte presenza di “prostituzione al chiuso” che non si sostituisce al quella all’aperto, ma si mostra come un fenomeno “collaterale” prodotto di una strategia di diversificazione dell’offerta dei servizi sessuali. Per cui alla prostituzione “visibile” su strada si affianca quella “invisibile”, che si svolge al chiuso, prevalentemente in case o appartamenti privati». Fenomeno che non può essere neanche arginato dalle ordinanze emesse dai sindaci (ultimi verbali noti a Lamezia son del 24 maggio, quando furono multati 2 prostitute e 3 clienti).
    Specificando che non sia chiaro quanto il fenomeno nasca dalla volontà delle stesse donne coinvolte, si circoscrive l’area del monitoraggio su strada «principalmente sulla statale 18, dal Comune di Nocera Terinese fino a quello di Pizzo, con una concentrazione maggiore nei pressi del Bivio di Palazzo. Pertanto sono numerosi i comuni coinvolti nel fenomeno: Amantea, Nocera Terinese, Falerna, Gizzeria, Lamezia Terme, Curinga, Pizzo. Le donne impiegate nell’attività sono nella totalità maggiorenni e straniere provenienti dall’area dell’Africa Sub-Sahariana (Nigeria, Senegal) o dell’Europa dell’Est (Bulgaria)», aggiungendo che «ad ogni uscita, le donne incontrate dal 2015 al 2017 sono state numericamente variabili, da un minimo di 35 ad un massimo di 55».
    Anche a queste donne è rivolta la rete sanitaria del dono, illustrata nel report da Loredana Leone della cooperativa sociale Il Delta, «un sistema che coinvolge circa 20 professionisti del settore sanitario (radiologi, odontoiatri, ginecologhe, ortopedici, biologi, infettivologi, medici di base, cardiologi, otorinolaringoiatri, oculisti) che si prendono cura, su segnalazione dei casi vulnerabili da parte delle operatrici e degli operatori, delle donne coinvolte nel circuito dello sfruttamento e che necessitano di interventi specifici».
    Se le donne vengono sfruttate per lo più a fini sessuali, per gli uomini la strada è quella della raccolta di frutta e verdura nei campi. «I giovani che incontriamo sono uomini provenienti per lo più da Africa Subsahariana e dal Bangladesh. Lavorano prevalentemente nei campi di cipolla e guadagnano dai 25 ai 30 euro al giorno, per circa 8 ore di lavoro, ma spesso gli orari diventano strazianti superando le 12 ore consecutive», racconta Rosanna Liotti della Progetto Sud, «ai più fortunati saranno corrisposti dai 3 ai 4,50 euro per ogni ora di straordinario», precisando però come «non si tratta di persone irregolarmente soggiornanti che lavorano “in nero”, la maggior parte di essi è in regola con i documenti ed è addirittura in possesso di un contratto di lavoro», anche se «solo in apparenza, non essendo computate tutte le giornate di lavoro, più che altro per tutelare il datore di lavoro nel caso di controlli», né si può parlare di immigrati irregolari «avendo chiesto asilo in Italia ed essendo ospitati in centri d’accoglienza dai quali i braccianti partono autonomamente per andare a lavorare nei campi».
    I lavoratori che non hanno invece una dimora fissa si rivolgono a centri come le Querce di Mamre che da settembre 2015 a maggio 2017 ha effettuato «1300 interventi tra servizio doccia, servizio ristoro e interventi riguardanti i colloqui sanitari e di orientamento. La maggior parte delle persone incontrate nell’ambito del Progetto B.U.S son uomini di età dai 19 ai 27 anni, provenienti per lo più dal Kurdistan iracheno, Marocco, Somalia, Africa Subsahariana e Bangladesh, coinvolti prettamente nei lavori di agricoltura» spiega Serena Praticò della Caritas Diocesana.
    Oltre ad servizio di monitoraggio, il progetto B.U.S ha anche avuto storie positive da raccontare. E’ il caso dei tirocini formativi, illustrati da Cristina Lio della Progetto Sud, «che hanno coinvolto 6 giovani di diversa nazionalità (senegalese, ghanese, ivoriana, Guinea Bissau, nigeriana), e di età compresa tra i 20 ed i 35 anni. I tirocini sono iniziati a marzo e si sono conclusi a dicembre 2016, coinvolgendo 5 diverse aziende del territorio lametino (autocarrozzeria, panificio, tipografia, azienda agricola, supermercato) e una di Falerna (azienda di mangimi per animali), e per 2 tirocinanti è arrivata anche l’assunzione in azienda».
    Il focus in questa indagine si è concentrato solo sui lavoratori stranieri, le cui condizioni di lavoro in alcuni casi son però simili a quelle di cittadini italiani, riaccendendo così anche l’attuale dibattito sull’impatto che questi abbiano sull’economia e la demografia locale. Aspetto, quest’ultimo, su cui anche il sindaco di Lamezia Terme, Paolo Mascaro, ha fatto cenno nella presentazione di questa mattina specificando come «Lamezia è una delle poche città in Calabria a non decrescere come numero totale di cittadini, anche per l’aumento di stranieri che regolarmente decidono di risiedere da noi». Al 31 dicembre 2016 i dati Istat certificano infatti che sui 70.891 residenti son 5.133 gli stranieri (2748 maschi e 2385 femmine) nella città della piana, per lo più provenienti da Marocco (1549), Romania (1187) ed Ucraina (532).
    Gi.Ga.

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