Piccioni contesta la memoria difensiva di Mascaro per smentire le infiltrazioni ma entrambi si concentrano su altro

Rimpallo di responsabilità da campagna elettorale in ambiti che però non riguardano la materia di discussione al Governo

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    Mentre si è ancora in attesa di avere il responso da parte del Governo sulla prosecuzione o meno dell’amministrazione Mascaro, il dibattito politico si concentra sulle questioni a corollario come la memoria difensiva inviata dal sindaco Mascaro alla commissione d’accesso, eventualità non prevista dal Tuel ma secondo il primo cittadino neanche vietata, il cui riscontro non è però noto.
    La boccia invece il consigliere di Lamezia Insieme, Rosario Piccioni, lamentando come «dopo ben due mesi dalla mia istanza di accesso agli atti, solo nei giorni scorsi mi è stata trasmessa la memoria illustrativa presentata dal sindaco alla commissione di accesso il 6 settembre scorso», lamentando così mancanza di trasparenza anche se non si parla di un atto amministrativo vero e proprio, e lo stesso Mascaro ha sempre indicato come contenuto della memoria la summa degli atti prodotti, quindi pubblici e si reputa noti in primis ai consiglieri comunali.
    Piccioni così distingue: «se nella relazione prefettizia ci fossero elementi positivi per la nostra città, sarei il primo ad essere felice per una decisione di non scioglimento. Ma se in tale relazione dovessero invece esserci elementi che provano le infiltrazioni della criminalità, sono certo che non sarei il solo in questa città a capire che la decisione di scioglimento sarebbe l’unica via per cercare di dare un futuro positivo ai nostri figli». Anche perché, la decisione, continua a spettare ad un organo superiore come il Governo (anche se attualmente sulla via di fine mandato).
    Secondo l’ex assessore della giunta Speranza però «Mascaro ripropone le stesse bugie, con gli stessi toni velenosi utilizzati nella conferenza stampa di due settimane fa», chiedendosi «che senso ha parlare di delibere di giunta solo in termini di legittimità amministrativa ad una commissione di accesso che deve valutare, invece, le infiltrazioni mafiose all’interno dell’amministrazione comunale?»
    Sul mancato incasso di quanto si sarebbe ottenuto da parte civile nella sentenza Spes del 2008 l’esponente dell’opposizione lamenta che «all’amministrazione precedente non è mai giunta alcuna comunicazione relativa alla conclusione del processo Spes, nonostante l’ufficio legale avesse inviato due espresse richieste via Pec all’avvocato», sottolineando che «anche all’attuale amministrazione, almeno fino al mese di giugno 2017, non è mai giunta alcuna informazione sull’esito del processo, tant’è che l’ufficio legale del Comune ha richiesto copia della sentenza al legale dell’associazione che si era costituita per conto del Comune».
    Se questo aspetto potrebbe avere un qualche collegamento con l’ambito del contrasto alle infiltrazioni mafiose, nel resto delle considerazioni su quanto scritto da Mascaro si va in altri ambiti, con un clima da campagna elettorale più che di valutazione degli atti in ottica scioglimento da ambo i lati del contrasto.
    Si entra così nel campo calcistico, parlando della vicenda Vigor Lamezia, con la precedente società (la srl la cui attività sportiva si è fermata a luglio non iscrivendosi ad alcun campionato) che ha chiamato in causa lo scorso anno il Comune per la mancata liquidazione da parte dell’amministrazione di quanto deliberato per i lavori eseguiti dalla stessa per adeguare il D’Ippolito alle norme della Lega Pro (altrimenti il campionato 2014/15 della Vigor Lamezia sarebbe dovuto essere in costante trasferta, avendo indicato come campo per le partite casalinghe il “Granillo” di Reggio Calabria nel modulo di iscrizione).
    Piccioni contesta il ruolo mutato dell’attuale primo cittadino nella vicenda: «oggi contesta quell’atto e invece in quel periodo tanto lui nelle sue vesti dirigenziali, quanto il presidente della Vigor Lamezia (ovvero Arpaia, nb), quanto e soprattutto l’amministratore delegato della società Lucio Girifalco sollecitavano per più mesi e anche più volte al giorno l’amministrazione precedente perché venisse adottata quella delibera?», arrivata però il 30 maggio 2014, quindi 22 giorni dopo l’ufficialità della Lega dei requisiti richiesti, ed illustrata in apposita conferenza stampa il 31 maggio 2014.
    Piccioni mette in luce che «da assessore allo sport e ai lavori pubblici ho seguito personalmente la vicenda e so di non poter essere smentito. Una delibera assolutamente legittima, perchè serviva a regolarizzare il rapporto con la società che aveva svolto i lavori di adeguamento del D’Ippolito anticipando le somme necessarie e che avrebbe evitato al Comune di essere condannato quanto meno per indebito arricchimento». 
    La vicenda però era emersa a dicembre 2016, con delibera di giunta in cui si specificava che «la società Vigor Lamezia Srl, in persona del legale rappresentante Butera Giancarlo, ha proposto ricorso ex art. 702 bis c.p.c., acquisito con prot. n. 0062113 del 7.9.2016, innanzi al Tribunale di Lamezia Terme contro il Comune di Lamezia Terme chiedendo la condanna del predetto Ente al rimborso degli importi relativi a lavori di cui alla deliberazione di Giunta comunale n. 107 del 31.3.2015 eseguiti allo Stadio comunale G. D’Ippolito, oltre interessi e pagamento delle spese di giudizio». L’amministrazione all’epoca guidata da Gianni Speranza con determina dirigenziale n. 181 del 14 ottobre 2014 per i “lavori di adeguamento dello stadio D’Ippolito” aveva già impegnato 300.000 euro in favore della società biancoverde. Tale impegno economico era il rimborso delle spese sostenute dalla stessa per i lavori di adeguamento della struttura ai criteri infrastrutturali definiti dalla Lega Calcio per disputare il campionato di Lega Pro.
    Secondo gli uffici di via Perugini la richiesta della Vigor non sarebbe fondata sostenendo che «l’importo previsto con deliberazione di Giunta comunale n.107 del 31.3.2015 non può essere concesso essendo l’esecuzione dei lavori antecedente alla delibera di autorizzazione».
    La contestazione quindi, invece che coinvolgere attuale e passata amministrazione come potere decisionale, chiamava in causa la dirigenza in carica fino a prima delle elezioni (ovvero l’unico dirigente esterno, Pulella) e la precedente società biancoverde come aspetti tecnici.
    Se Mascaro aveva contestato le delibere anomale effettuate immediatamente prima e durante la campagna elettorale dalla precedente amministrazione (l’articolo 38 del Tuel indica che «i consigli durano in carica sino all’elezione dei nuovi, limitandosi, dopo la pubblicazione del decreto di indizione dei comizi elettorali (ovvero 45 giorni prima del voto, nb), ad adottare gli atti urgenti e improrogabili») Piccioni ribatte che «la sua amministrazione negli ultimi giorni sta sfoggiando una produttività che in due anni e mezzo non si era mai vista: avvisi pubblici, regolarizzazione di occupazioni abusive, addirittura miracolosi sgomberi di campi Rom… Come mai così tanta fretta proprio alla vigilia della decisione del governo? Se si predica in un modo nei confronti degli altri, poi non si può razzolare male. Con una differenza rispetto ai casi citati da Mascaro. Nel primo caso, si trattava della fine naturale di un mandato elettorale. Oggi si sta agendo per timore che questa consiliatura possa concludersi in anticipo per un eventuale evento “traumatico” per la sua amministrazione». Il primo caso vietato dalla norma, il secondo sconsigliato dall’etica.
    Gi.Ga.

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