Mascaro giustifica le proprie segnalazioni nelle memorie difensive come necessità di un esame complessivo dell’attività dell’ente

Si è davanti ad un dibattito politico che, a parte alzare i toni, potrebbe non interessare chi sarà chiamato a decidere del presente e futuro di Lamezia Terme.

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    Dopo le valutazioni critiche di Rosario Piccioni sul contenuto della memoria difensiva inviata dal sindaco per rispondere all’ipotesi di scioglimento del consiglio comunale, lo stesso primo cittadino replica all’ex assessore dalle giunta Speranza, rimanendo sempre nel campo di ambiti che però non andranno ad incidere sull’aspetto legato alle eventuali infiltrazioni della mafia in via Perugini.

    Sul mancato risarcimento di 5 milioni non richiesto dal Comune, in quanto parte civile, nella sentenza Spes l’attuale sindaco rimprovera al precedente amministratore che «ha avuto eco nazionale, è stata pronunciata in primo grado l’01/08/08, depositata il 28/03/09, sostanzialmente confermata in appello il 23/04/10, divenuta definitiva per rigetto dei ricorsi da parte della Suprema Corte in data 24/06/11 e Piccioni afferma che non aveva avuto notizia della conclusione del processo? O Piccioni è un emerito bugiardo, o Piccioni è un pessimo amministratore che non sa cosa accade di importantissimo nella sua Città o Piccioni ha avuto paura di contrastare la mafia eseguendo la sentenza», sottolineando che nella memoria «è testualmente ed unicamente riportato: “Da sottolineare la delibera di G.C. n. 171 del 26/05/17 con la quale è stato dato incarico di procedere al recupero delle somme liquidate a titolo di risarcimento danni nella sentenza inerente il ben noto processo di mafia denominato “Spes” con la quale vi è stata condanna per importi ingentissimi a danno di svariati esponenti delle cosche locali; la detta sentenza, portante il n. 1480/08, era esecutiva da diversi anni ma mai era stato deliberato il recupero degli importi».
    Superato l’unico vero punto che potrebbe rispondere a quanto indicato nel Tuel in merito al condizionamento o meno della criminalità organizzata sull’agire amministrativo, si entra nelle vicende interne lametine.
    Sula Vigor Lamezia, l’ex presidente (ruolo ricoperto fino al 2013, con azioni detenute fino a maggio 2015) ora sindaco distingue i ruoli a seconda del momento storico, sottolineando «il comportamento di un sindaco che antepone la legalità anche ad una squadra di calcio che pur ama visceralmente, e non ha quindi potuto dare l’assenso ad una delibera rivelatasi così illegittima tanto che in sede giudiziale è stata disposta la chiamata in causa del dirigente dell’epoca, non essendovi la tenutezza dell’ente». Fermo restando, però, che l’annullamento non è arrivato in autotutela e la vicenda è nata da un punto di vista legale dopo il ricorso presentato a dicembre 2016 dall’allora presidente della Vigor Lamezia, Giancarlo Butera.
    Sull’attuale attività amministrativa Mascaro ricorda a Piccioni come nel 2015, nella parte finale del mandato, non si sia rispettato il comma 5 dell’art. 38 TUEL «che vieta dopo la pubblicazione del decreto di indizione di comizi elettorali di adottare atti diversi da quelli urgenti ed improrogabili e ciò al solo fine di tentare di ottenere consensi elettorali; in violazione di dette norme, Piccioni ha assegnato beni immobili ed ha modificato convenzioni», citando «la delibera con cui il 10/04/15 aveva modificato le condizioni del project financing di Piazza della Repubblica regalando per 30 anni gratuitamente la gestione delle strisce blu, la delibera con la quale il 25/05/15 aveva modificato da onerosa a gratuita la concessione di terreno per 90 anni, sulla eliminazione dai residui passivi di un debito idropotabile di oltre 14 milioni di euro, sulla mancata esecuzione sin dal 2008 della sentenza contro i suoi compagni di partito, sulla assegnazione senza bando di ben 6 beni immobili dal 14/04/15 di cui 2 addirittura tra primo turno e ballottaggio, del mancato adeguamento, obbligatorio per legge, sin dal 2003 degli oneri di urbanizzazione».
    Se queste precisazioni però non si andrà a pronunciare né la commissione di accesso, né la relazione del Prefetto, né il decreto che sarà emanato dopo il pronunciamento del Ministro dell’Interno, ma Mascaro motiva tale elenco (posto che il Tuel non prevede la possibilità di memorie difensive, ma cita invece quella di ricorrere al Tar contro l’eventuale scioglimento) come «la necessità di un esame complessivo dell’attività dell’ente essendo anche inefficienza dei servizi, dissesto finanziario, irregolarità amministrativa elementi indicatori di possibili condizionamenti ed infiltrazioni pur non essendo ovviamente bastevoli per addivenire allo scioglimento».
    Si è davanti ad un dibattito politico che, a parte alzare i toni e non favorire una difesa unitaria, potrebbe non interessare chi sarà chiamato a decidere del presente e futuro di Lamezia Terme.
    Gi.Ga.

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