La testimonianza di un operatore sanitario malato di tumore sul percorso seguito tra Lamezia e Catania

L'appello di Battista Salvatore Arcieri per cercare di permettere a professionisti calabresi di tornare ad operare in regione

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    Si rivolge al Presidente della Regione Calabria, Mario Oliverio, al Commissario“Ad Acta” per il Piano di Rientro, Massimo Scura, e a tutte le forze politiche nella propria lettera aperta Battista Salvatore Arcieri, in cui da ammalato ed operatore sanitario constata che «i tumori in Calabria aumenteranno sempre più», portando però una testimonianza di come attualmente in regione si affronti la tematica e reputando che «le patologie più frequenti in Calabria colpiscono colon retto (1.600), seno (1.300) e polmone (1.100). I pazienti oncologici presentano molteplici necessità, non solo di carattere clinico, ma anche sociale ed economico, a cui il sistema sanitario regionale deve saper rispondere. Attualmente, anche se è in corso una riorganizzazione della rete oncologica, i pazienti soffrono di gravissimi disagi dovuti alla frammentarietà dei percorsi ed alla mancanza di informazioni relative alla possibilità di essere trattati e curati nella propria Regione ed esponenzialmente aumentati dai cosiddetti “viaggi della speranza”».
    Arcieri sottolinea che «si continuano a mortificare e penalizzare le professionalità esistenti in Calabria e che, non riuscendo ad esprimere il loro valore nella propria terra di origine, sono costrette ad operare in altre regioni d’Italia, rendendole sempre più ricche dal punto di vista dell’offerta sanitaria. In Calabria nel 2014 sono stati 4.698 i decessi attribuibili a tumore. Nella Regione la neoplasia che ha fatto registrare il maggior numero di decessi è proprio quella del polmone (743). In virtù di questo dato, proprio chi vi scrive sta vivendo questa dura realtà sulla propria pelle, affrontando la battaglia più difficile della propria vita».
    Il racconto da teorico diventa così pratico e personale: «da cittadino calabrese, da professionista sanitario, da marito, padre e nonno, posso affermare che la malattia che sto vivendo mi ha portato a credere fermamente nel servizio sanitario regionale, e tutte le fasi percorse, dalla rilevazione dei primi sintomi alla diagnosi, sono state eseguite presso strutture calabresi, prima tra tutte l’ospedale di Lamezia Terme. Infatti, solo in questa struttura ho potuto constatare, interamente, l’applicazione di un PDTA (Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale) completo che ha visto interessato un team multidisciplinare di professionisti che ha creato sinergie virtuose e risolutive a favore del mio problema. Infatti, dalla radiologia, attraverso la pneumologia, i servizi di laboratorio analisi, i chirurghi, il servizio di terapia antalgica afferente all’umità di anestesia e rianimazione e finendo all’oncologia, una squadra di professionisti di elevato valore, non solo professionale ma anche umano, costituito in un gruppo interdisciplinare di cure, mi ha letteralmente “preso per mano” accompagnandomi nel percorso della mia malattia di tumore al polmone. Solo nella fase di individuazione del chirurgo toracico, mi sono fatto carico esclusivo della scelta. Perché, come si sa, chiunque debba subire un intervento chirurgico deve riporre enorme fiducia nel professionista a cui affiderà la propria vita. Ed io, in tanti anni di professione sanitaria, esercitata nelle terapie intensive calabresi, conoscevo di nome e soprattutto di fama, per la consistenza del suo sapere e per la qualità elevatissima del suo agire professionale, Paolo Macrì, calabrese di origine e residente a Lamezia Terme, ma operante presso l’Istituto Humanitas di Catania, in qualità di direttore di Chirurgia Toracica», auspicando infine che professionalità di questo tipo possano far ritorno al più presto in Calabria, se non proprio direttamente all’interno dell’ospedale lametino.

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