«Grande inserito in quei contesti che insistono qui a Lamezia Terme, all’interno dei quali era senz’altro maturato il furto»

Dalle deposizioni emerge come la figlia del proprietario del Ducato trafugato nelle ore successive alla scomparsa del mezzo vada a denunciare il tutto non alle forze dell'ordine

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    Nel febbraio 2015 avevano pattuito un compenso di 300 euro per “restituire” al legittimo proprietario un Fiat Ducato rubato da due rom nei pressi del tribunale di Lamezia Terme, ma per Vincenzo Grande (classe ’60) ed Antonio Miceli (27 anni), entrambi già detenuti per l’operazione Crisalide, insieme a Francesco (classe 78) e Damiano Berlingieri (classe ’89), è arrivato oggi un nuovo provvedimento di custodia cautelare in carcere.
    A Miceli e Grande viene contestato dagli inquirenti di aver agito «utilizzando il proprio “carisma” mafioso nei confronti di chi aveva la disponibilità del veicolo sottratto alla parte offesa, per concordare i termini e le modalità di restituzione del bene sottratto, il tutto finalizzato anche a ribadire il riconoscimento delle regole vigenti in quel determinato territorio sottoposto al controllo ndranghetistico della cosca Cerra – Torcasio – Gualtieri».
    L’accusa del “cavallo di ritorno” emerge infatti dalle attività di intercettazioni e filmati della videosorveglianza usate già nell’operazione Crisalide, con “base operativa” scelta da Grande e Miceli sempre il bar gestito in via dei Bizantini.
    Dalle deposizioni emerge come la figlia del proprietario del Ducato trafugato nelle ore successive alla scomparsa del mezzo vada a denunciare il tutto non alle forze dell’ordine, ma direttamente a Grande, conosciuto personalmente per trascorsi lavorativi comuni ma anche individuato come «inserito in quei contesti che insistono qui a Lamezia Terme, all’interno dei quali era senz’altro maturato il furto». Lo stesso Grande, di fatti, riusciva a risalire ai 2 autori del furto, “contrattando” il prezzo per il riscatto, sceso da 500 a 300 euro (celati al telefono come “acquisto di profumi”), contanti consegnati dal legittimo proprietario dell’auto direttamente poi nelle mani dei due rom in un incontro avvenuto a Bella (entrambi i rom infatti non risiedono nel campo di Scordovillo).
    g.g.

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