Crede poco a politica e religione, oltre che al proprio futuro, la maggioranza degli intervistati nel Rapporto Giovani 2018

Pubblicato la settimana scorsa, presentato questa mattina al liceo Campanella di Lamezia Terme 

Più informazioni su


    Pubblicato la settimana scorsa, presentato questa mattina al liceo Campanella di Lamezia Terme il Rapporto Giovani 2018, il dossier sulla condizione giovanile in Italia realizzato come ogni anno dall’Istituto Giuseppe Toniolo di Studi Superiori, ente fondatore dell’Università Cattolica, in collaborazione con il Laboratorio di Statistica dell’Università Cattolica e grazie al sostegno di Fondazione Cariplo e Intesa Sanpaolo.
    Il report si basa su un’indagine condotta ad ottobre sull’atteggiamento delle nuove generazioni (campione di 3034 persone di età 20-34 anni rappresentativo su scala nazionale), con a commentare i dati Rita Bichi, ordinario di sociologia generale all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, dopo l’introduzione del dirigente scolastico Giovanni Martello e di don Fabio Stanizzo, delegato diocesano dell’Associazione Amici dell’Università Cattolica.
    Il quadro che emerge ha diverse chiavi di lettura. Da un punto di vista politico il 40% degli intervistati si dice lontano e deluso dalla politica (il 52,5% non si riconosce nella distinzione tra destra e sinistra), solo il 35% aderisce convintamente ad un partito o movimento in campo, il partito “meno bocciato” non è neanche un partito nel senso tradizionale del termine (il Movimento 5 Stelle trova almeno la sufficienza del 30% degli intervistati).
    Nonostante ciò il 73,8% degli intervistati ritiene che sia ancora possibile impegnarsi in prima persona nella società, il 67,7% della fascia di giovani si dice positivamente predisposta al cambiamento. Poi però oltre il 70% dei giovani intervistati ritiene che l’atteggiamento generale degli italiani nei confronti degli immigrati sia prevalentemente diffidente e ostile (nel 2015 il dato era del 57%), il 60% ritiene che i datori di lavoro dovrebbero prendere in considerazione l’offerta di lavoro degli italiani prima di valutare quella degli immigrati, a fronte del 37,4% che si dichiara in disaccordo con questa affermazione. Più positivo l’atteggiamento verso gli stranieri regolari presenti in Italia: solo 1 intervistato su 3 pensa che la loro presenza peggiori la sicurezza e l’economia del paese.
    Nell’epoca dei social network, però, difficile stabilire determinati confini, e ne prendono atto anche gli stessi intervistati che vengono descritti nel rapporto sempre connessi, ma in maniera autonoma e attenta, e con una chiara tendenza a rifiutare ogni forma di violenza e di odio. In particolare, rispetto alle cause del fenomeno hate speech, gli intervistati ritengono che l’odio in rete sia collegato, in qualche modo, alle tensioni che circolano all’interno della società. Lo afferma, infatti, (somma delle modalità «Molto d’accordo» e «Abbastanza d’accordo») il 61,2%. Le percentuali di accordo significativo sul fatto che esprimere l’odio in rete possa essere considerata una forma socialmente accettabile in cui incanalare l’espressione dell’odio e del risentimento sono molto basse (12,2%). Le percentuali si alzano lievemente quando si tratta di prendere posizione sul fatto che esprimere online atteggiamenti negativi verso l’altro possa in un certo senso sublimare la violenza sottraendola alla vita reale. Sono infatti d’accordo con questa affermazione il 19,9% dei giovani italiani. Che si tratti di mero flatus vocis lo pensa solamente il 16,1% dei giovani italiani.
    Meno ottimisti rispetto al futuro si dimostrano i giovani italiani rispetto ai pari età europei: sono i tedeschi (39,6%) e gli spagnoli (36,7%) a esprimere maggiori certezze su ciò che intendono realizzare nel loro futuro professionale, mentre ciò avviene per meno di 1 italiano su 4 (22,5%). Viceversa, i giovani italiani spiccano (40,7%) insieme a spagnoli (35,3%) e francesi (33,6%) tra quelli che dichiarano di avere sì delle aspirazioni professionali definite, ma non sanno se riusciranno a realizzarle. I giovani disorientati, quelli che non hanno alcuna idea rispetto a un possibile percorso professionale o che non ci vogliono nemmeno pensare, rappresentano insieme una quota consistente degli intervistati italiani (26,8%), francesi (25,4%) e britannici (23,4%).
    Meno conforto anche da parte della religione, Alla domanda «Lei crede a qualche tipo di religione o credo filosofico?», le risposte si raccolgono attorno a due opzioni: quella della religione cattolica (52,7%) e quella di chi dichiara di non credere a nessuna religione (23%). Anche la frequenza ai riti conferma la distanza dei giovani dall’esperienza religiosa: coloro che dichiarano di frequentare la Chiesa una volta a settimana sono l’11,7%. Il 53,8% è costituito da frequentatori occasionali: il 20,2% partecipa a una funzione religiosa qualche volta l’anno oppure in particolari circostanze, il 25,1% non partecipa mai.
    Scuola e formazione tasti dolenti per i giovani italiani. Resta molto alto il numero di giovani tra i 16 e i 24 anni che abbandonano la scuola prima della conclusione del ciclo di studi, quasi il 14%. Poco più del 15 % dei giovani italiani tra i 18 e i 35 anni è laureato, contro oltre il 34% del Regno Unito. Confrontando i dati di altri quattro Paesi europei (Spagna, Francia, Germania, Regno Unito) emerge che l’Italia ha anche il triste primato dei Neet, giovani che non studiano non lavorano e non sono inseriti in percorsi di formazione, che sono oltre il 26% tra i 15 e i 24 anni.  I valori messi al primo posto dai giovani italiani sono autonomia, novità e divertimento, evidenziando il profilo di giovani aperti al cambiamento e solleciti all’altruismo. 

    Più informazioni su