Reventinum, oltre a bombe e minacce a funerali e processi anche un battessimo tra Scalise e Mezzatesta

Dalla documentazione dell'operazione Reventinum emerge come i contrasti  non venissero celati neanche davanti alle autorità

Più informazioni su


    Dalla documentazione dell’operazione Reventinum emerge come i contrasti tra il fronte degli Scalise e quello dei Mezzatesta non venissero celati neanche davanti alle autorità. Esempio è il racconto dell’udienza tenuta alla Corte di Appello di Catanzaro a carico di Domenico e Giovanni Mezzatesta, con il capofamiglia a raccontare come la sua assenza da imputato fu suggerita dall’avvocato Pagliuso per evitare possibili tensioni in aula, che però coinvolsero il fratello Gregorio. «Mio fratello ha sempre presenziato per me e per mio figlio, sempre. Allora gli ha detto, quando è finito l’appello che mi hanno confermato la sentenza anomala, secondo me c’è qualcosa che non va in Calabria, si sono messi tutti a battere le mani e a sorridere perché mi hanno confermato la sentenza», spiega Domenico Mezzatesta al Procuratore Bombardieri, «mio fratello gli ha detto: “Guardate che mio fratello è colpevole, ma no fino a questo punto”. Allora tutti quanti si sono messi a fare bordello, hanno fatto casino. E lui ha detto: “No, se voi la pensate così, vuol dire che è meglio nu bruttu processo e no nu bello funerale”. Lì è successo la fine del mondo perché sono intervenute le forze dell’ordine. Ci deve pure essere un verbale lì, ci deve essere».
    Episodio che si va ad inquadrare in una serie di minacce di vendette trasversali, effettuati anche a margine di alcuni funerali, a testimonianza di un clima che con il passare del tempo e degli eventi delittuosi con relativi arresti non si andava a riappacificare.
    Nella ricostruzione degli eventi gli inquirenti rimarcano come «a seguito degli eventi storici sopra enunciati e che avevano direttamente coinvolto le figure apicali delle due famiglie, Mezzatesta e Scalise, il rapporto tra le stesse, anche mediante una verosimile spartizione – per competenze specifiche – degli introiti, si era alquanto stabilizzato e peraltro sancito in occasione del battesimo del figlio di Scalise Daniele, a nome Pino, tenutosi in data 01.04.2006, laddove Mezzatesta Domenico aveva fatto da padrino del bambino».
    Lo stesso Mezzatesta cita ciò nello spiegare come i rapporti si fossero incrinati con gli Scalise: «gli ho battezzato il figlio, ero con un tumore che ero quasi morto, non mi ha mai fatto una telefonata per dirmi: “Compà, come stai?” Per dire, no? Visto che c’ho battezzato, sono il padrino del figlio».
    Altro elemento scatenante dei rapporti interrotti l’ordigno fatto esplodere sotto la camera da letto del figlio minore di Mezzatesta, deflagrazione avvenuta a poca distanza dall’impianto a gas e che quindi avrebbe potuto comportare danni maggiori.
    g.g.

    Più informazioni su