Due mostre e un video nel fine settimana a Palazzo Pingitore di  Serrastretta

Evidenziano la capacità dei media e delle nuove tecnologie grafiche digitali di manipolare la realtà e incidere in modo persuasivo (e pervasivo)

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Il Progetto Catàgeios. L’antro dell’artista – Le opere e i giorni, a cura di Antonio Bruno Umberto Colosimo e Maria Rosaria Gallo, continua questo fine settimana a Palazzo Pingitore di  Serrastretta con “Lacerazioni”, mostra personale dell’artista italiano Francesco Maria Caberlon, “ExLoco. Altre dimensioni”, mostra personale del giovane architetto Alberto Dal Bo’ e Gabriele Labanauskaite con la video performance “De Solitude”.

Due mostre e un video che evidenziano la capacità dei media e delle nuove tecnologie grafiche digitali di manipolare la realtà e incidere in modo persuasivo (e pervasivo) sulla percezione che della stessa ne ha il pubblico, sia nel suo ruolo di “consumatore” sia nel suo ruolo di “nutrimento/serbatoio” di un sistema utilitaristico e liberista che ha fatto dell’ingiustizia sociale e della disuguaglianza economica la base strutturale del mondo attuale. Un mondo in cui i popoli sono impoveriti, sfruttati e assoggettati insieme alle risorse del pianeta. Un condizione di invivibilità che sembra essere accettata passivamente, come una volontaria sottomissione.

“Da sempre votato all’esplorazione sperimentale dei linguaggi mediatici – si legge nella nota dei curatori -, Francesco Maria Caberlon ha sviluppato negli anni una ricerca pittorica in cui analizza l’influenza e la sedimentazione della pubblicità e delle arti applicate nell’immaginario e nella vita dell’individuo contemporaneo, recuperando una figurazione neo-pop legata alla decorazione e al design postmoderno, e manifestando uno spirito dada. Con 21 lavori su carta, Lacerazioni si presenta come la decostruzione visuale del turbine comunicativo a cui ogni soggetto è sottoposto nella società mediatica. Il supporto leggero della carta si fa scenario di drammatiche, poetiche e satiriche trame psicologiche, in cui al centro si trova l’individuo nelle sue elementari componenti percettive e riflessive, dove convergono sensazione, memoria, istinto, ragione, cultura, in una parola, quell’immaginario che costituisce l’identità di ciascuno. Pittura, disegno, collage, segni decifrabili e indecifrabili, parole compiute e incompiute, gesti decisi e indecisi si mescolano in una costruzione dinamica che nell’oggettualità dell’opera si configura quasi come una orgiastica fenomenologia della soggettività”.

“Lacerazioni – dichiara l’artista – è una sorta di strappo interiore dove certe memorie storiche (intendendo il termine non nel senso di storicistico, ma proprio nel senso più ampio di memoria, di ricordi), affiorano proprio quando sei davanti alla tela, nel pieno processo creativo. Ricordi che sono frammenti o episodi legati alla mia formazione personale e artistica, quindi legati alla cultura, alla letteratura, alla filosofia, all’arte, ma anche a una cultura più spicciola come la pubblicità, un certo tipo di musica, alcuni jingle, immagini televisive, momenti dell’infanzia. E allora strutturare l’opera diventa un evocare e mescolare volutamente tutti questi aspetti insieme, in una sorta di commistione tra sacro e profano, tra immagini, per così dire, alte, e immagini irrilevanti sotto il profilo artistico che a volte sconfinano nella categoria del Kitsch, me che per la mia operazione artistica diventano linfa e nutrimento essenziale.”

“Lacerazioni in Catàgeios – sottolineano i curatori – diventa una testimonianza di vigilanza critica e di anarchismo intellettuale; una pratica di rottura semantica e comportamentale rispetto a un sistema “culturale” contemporaneo che si serve del linguaggio mediatico per occupare l’immaginario di ciascuno e ridurre la complessità del reale. Lacerazioni in Catàgeios è l’antidoto estetico-politico all’omologazione.

Con ExLoco. Altre dimensioni, in Catàgeios si affronta il tema delle antiche architetture dei centri storici dei piccoli paesi dell’area mediterranea e, quindi, dello stesso catuaiu. Architetto di giorno e musicista la notte, Alberto Dal Bo’ si è laureto in “Architettura per il nuovo e l’Antico” presso l’università Iuav di Venezia nel 2016, e su tali tematiche, presso il dipartimento di Architettura Costruzione e Conservazione dello Iuav, ha partecipato alla ricerca “Borghi rurali antichi dell’area mediterranea: conoscenza, conservazione, riuso e valorizzazione”. È ideatore e coordinatore dell’associazione exLoco, impegnata nella definizione di strategie di cooperazione e nella divulgazione di pratiche virtuose di “resilienza” delle comunità rurali

“In questa occasione – dicono i curatori – Alberto Dal Bo’ porta in Pramantha Arte un’installazione di pannelli che sintetizzano anni di ricerca sui concetti di forma, spazio e rapporto: una raccolta di strumenti competitivi legati al tema della risoluzione di forme compiute nello spazio.
È un lavoro che produce tre singoli capitoli: Idee, Forme, Spazi; momenti di un unico racconto dal nome “exLoco, Altre dimensioni”, parte del più ampio manifesto “exLoco. A partire dal Luogo”.

Spiega l’artista: “Un sistema – secondo la teoria della composizione nell’architettura greca – è identificabile come un composto di relazioni logiche tra spazi, articolati in pieni e vuoti, formati da elementi minimi. Questa, come è facile intuire, è la tessitura su cui si fonda gran parte del mondo che conosciamo. La matita, il pennello e lo scalpello sono gli strumenti fisici adoperati per creare la forma fisica, così come la modellazione crea quella digitale. Con gli strumenti concettuali e operativi accennati è possibile osservare la matericità dell’architettura costruita da un nuovo punto di vista. Sia come elemento simbolico di un sistema formale complesso, sia come sistema complesso di elementi forme e materie semplici in relazione tra loro.”

Elemento, superficie, volume, spazio, sistema, sono quindi una raccolta di codifiche formali, applicate in esempi concreti, ordinano la forma elementare dell’Architettura dagli elementi minimi fino al rapporto tra sistemi spaziali stratificati. Questi sono un sistema di regole base con le quali i fruitori possono confrontarsi nella realizzazione di una Forma.

“Nato dalla collaborazione tra gli Avaspo e gli scenografi e videomakers francesi Nicolas Perge e Raphaël Dupont – spiegano i curatori – De Solitude è il video derivato da una performance/istallazione unica e irripetibile, avvenuta il 18 giugno 2011 nell’ambito del festival “Tebūnie Naktis” di Vilnius. Pensato come connessione tra performance, musica e poesia, De Solitude decostruisce il rapporto artista-spettatore, utilizzando la forma del concerto per indagare l’attuale fenomenologia dello spettacolo.

La storia. Presa nel suo desiderio narcisistico come un ragno nella sua ragnatela, una cantante si sforza di appagare un pubblico che non potrà mai raggiungere, perché chiusa in uno spazio delimitato da pareti costruite con specchi unidirezionali: la propria immagine riflessa impedisce all’artista di vedere il pubblico che intanto vaga liberamente intorno alla scena in un area immersa nell’oscurità. Viene così a delinearsi un singolare spazio di esclusione, separazione e, infine, isolamento, in cui il rapporto pubblico-attore è destabilizzato. Chi si esibisce non può sottrarsi alla scatola, allo sguardo degli spettatori e alla propria immagine riflessa; e, soprattutto, in nessun momento sa se il pubblico lo sta guardando, se apprezza la sua musica e lo applaude. E’ in questo spazio che si manifesta la solitudine.

“De Solitude – continuano i curatori –  è uno spaccato dell’odierno vivere  quotidiano, dove il ruolo dell’esibizione, delle immagini e dell’esposizione mediatica sostituisce il ruolo concreto delle azioni e delle interazioni.  È uno spaccato della società contemporanea dove le dinamiche dello spettacolo sono penetrate nelle più essenziali modalità relazionali tra gli individui, innervandone tutti gli ambiti: personale e pubblico; economico e politico; etico ed estetico. Nella realtà concreta come nella realtà virtuale. Il cui unico spazio di distinzione sembra essere proprio lo spazio della solitudine”.

Con Gabrielė Labanauskaitė nel ruolo di performer e autrice di De Solitude,  Catàgeios affronta lo stato di alienazione dell’uomo contemporaneo schiacciato dalla sua stessa immagine e imprigionato dal suo stesso bisogno di affermazione narcisistica, ed invita ad un’azione di coraggio: superare il gioco dello spettacolo per riappropriarsi del gioco della vita.

Le mostre e il video – a cura di Antonio Bruno Umberto Colosimo e Maria Rosaria Gallo – avranno luogo a Palazzo Pingitore di Serrastretta, inaugureranno sabato alle 18 e saranno aperte al pubblico anche domenica dalle 18 alle 20.

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