La compagnia teatrale che ne porta il nome ricorda Padre Giovanni Vercillo a 30 anni dalla sua scomparsa.

Alla scuola di San Francesco da Paola, fu Padre Minimo sotto tutti i punti di vista, tranne che nel fisico e nella grandezza interiore

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La compagnia teatrale che ne porta il nome ricorda Padre Giovanni Vercillo a 30 anni dalla sua scomparsa.

Alla scuola di San Francesco da Paola, fu Padre Minimo sotto tutti i punti di vista, tranne che nel fisico e nella grandezza interiore, la sua stazza era infatti imponente. «Ricordo ancora davanti la parrocchia – racconta il regista della compagnia teatrale a lui dedicata – qualche sfida a braccio di ferro con il fabbro che guarda caso di cognome si chiamava Sanfrancesco. Solo in occasioni particolari indossava l’abito di frate perché infatti, amava tanto fasciarsi nelle sue giacche a vento colorate e credo che la storica frase “non è l’abito a fare il monaco”, mai calzò più a pennello come per la sua persona».

«Ricordo – continua Paonessa – la prima volta che lo incontrai. Ad una mia affermazione probabilmente un po’ esuberante come spesso compete ad un adolescente ribelle, mi guardò dall’alto in basso e, quasi con una smorfia di sufficienza, senza darmi la soddisfazione di rispondermi, mi lasciò ed andò via. Fra me e me pensai: “speriamo vada via presto questo prete”. Non potevo neanche lontanamente immaginare le lacrime che tutta la comunità avrebbe versato quando, dopo oltre 10 anni, fu trasferito in quel di Cosenza. Johnny, così tutti lo chiamavamo affettuosamente, fu colui che ci insegnò a vivere ed essere veri uomini. Come non ricordare le indimenticabili uscite in luoghi incantevoli ma spesso impervi».

La compagnia teatrale ricorda in particolare l’episodio in cui un giorno, si presentò alle lodi mattutine (durante un campeggio), con fare tumultuoso indossando uno zaino su cui campeggiava l’adesivo del suo eroe Linus con lo slogan “non mi seguite mi sono perso anch’io”. Lui infatti amava mettersi in discussione e non giudicava mai chi sbagliava.

Il suo arrivo nella comunità dei padri minimi a Sambiase assieme al suo grande amico Morosini, attuale arcivescovo di Reggio Calabria, che scherzosamente definiva il “kaiser” per il suo essere integerrimo, portò una ventata di novità. «Purtroppo – racconta ancora il regista Paonessa – erano tante le persone che inveirono contro di loro per l’introduzione dei primi corsi di matrimonio, cresima e battesimo, ecc. che spuntavano all’orizzonte, oppure quando ci concesse di parcheggiare una macchina in chiesa, per allestire un presepe, passato alla storia come il “presepe della 500 in 500”. Insegnò ad amare la nostra terra con la sua infinita bellezza, facendoci scoprire posti incantevoli dietro casa, ma immersi nella naturale bellezza calabrese. Per anni nella sua stanza dominava una cornice con dentro la sola scritta “omaggio al nulla provvisorio”. All’inizio nessuno comprese il contenuto del pensiero ma con il passare del tempo, vivendo la sua persona, naturalmente ogni parola ebbe un senso».

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