Teatro Grandinetti affollato ma non pieno per l’anteprima dell’Afide e la Formica

Convince a metà la storia portata sul grande schermo da Mario Vitale, con altre 3 giornate di proiezioni da domani a domenica

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Anteprima nazionale ieri sera al Teatro Grandinetti per il primo lungometraggio del regista lametino Mario Vitale, con “l’afide e la formica” a far tornare il cinema in via Cassoli per il momento in fase estemporanea, in attesa che venga pubblicato il bando di gestione per ognuno dei due teatri aperti in città (le delibere del consiglio comunale per indire bandi di gestione per i teatri Grandinetti e Costabile sono rispettivamente del febbraio e luglio 2020 puntellando le proposte della giunta di febbraio e marzo precedenti, di agosto le linee invece della terna commissariale).

Sul palco produttore e regista fanno così una cronistoria del progetto nato nel 2016, con vari compagni di viaggio raccolti per strada sia nella fase di ideazione che realizzazione conclusa lo scorso anno proprio nella città della piana.

Vari ringraziamenti di rito, e da oggi avvio delle proiezioni in una ventina di sale italiane, con nuova presentazione anche a Catanzaro questa sera dove “in casa” giocherà il produttore Luca Marino. Nei vari interventi si rimarca l’emozione del poter vedere in anteprima un film che immortala la città, nello stesso teatro che è stato quartier generale della produzione, anche se il Teatro Grandinetti è affollato ma non pieno in ogni ordine di posto, con altre 3 giornate per visionare da domani a domenica (questa sera ci sarà invece il primo appuntamento della stagione di prosa).

Avendo la Rai già comprato i diritti e cofinanziato con Rai Cinema, non è escluso in futuro anche un passaggio televisivo, ed anche la presenza da protagonista di Beppe Fiorello richiama il piccolo schermo nella fruizione.

Nel concedere l’uso gratuito del Teatro Grandinetti per le 4 proiezioni, la giunta Mascaro ricordava che «la proiezione cinematografica del film, la cui anteprima nazionale sarà realizzata in città, costituisca una sicura opportunità di promozione della città di Lamezia Terme, essendo le scene girate nel territorio comunale, con particolare attenzione al centro storico del quartiere di Nicastro», sottolineando come «la tematica affrontata sia di attualità e restituisca l’immagine di Lamezia Terme come di una città vitale e accogliente, rispettosa delle diversità, capace di conciliare la tradizione e la modernità, di creare le giuste opportunità per lo sviluppo della persona e di praticare una reale integrazione e inclusione tra i cittadini e gli stranieri residenti».

In effetti c’è l’onestà nel riprendere anche un centro non sempre pulito ed in ordine, al netto di tutte le misure prese durante le riprese, e la caccia ad indicare la location usata è più lametina che generale.

Alla fine la storia di redenzione empatica tra un docente di educazione fisica e la studentessa marocchina che vuole dare una prova di resilienza tentando la corsa di 6 km in onore di Sant’Antonio (con tanto di scena della processione della statua del santo a corredo ricreata quando quella reale lo scorso anno non si è potuta tenere per le norme Covid) convince a metà, come anche Fiorello che tenta di fare l’accento calabrese (richiamando alla memoria le esibizioni radiofoniche del fratello), una mussulmana che si ubriaca, fuma e si concede ad altri vizi e piaceri al netto della ritrosia materna, la Lodovini in un ruolo fugace ed imbronciata.

Poteva essere poi una storia calabrese senza la presenza della criminalità organizzata, ma non lo è stata, anche se parte di un mosaico più complesso e mai esplicitata come presenza reale. Più una forma culturale da cui fuggire, per riprendere il tema principale della pellicola, o un’afide, che nella spiegazione tra i vari personaggi è vista come un insetto che vive in simbiosi con le formiche, ma nei fatti è un parassita delle piante.

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