Amministrazione comunale lametina pronta a costituirsi parte civile nei procedimenti per violenza su animali

Dopo il nuovo caso di violenza contro i cani arriva lo sdegno istituzionale di aria Antonietta D’Amico, consigliere comunale di maggioranza

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    Dopo il nuovo caso di violenza contro i cani arriva lo sdegno istituzionale di aria Antonietta D’Amico, consigliere comunale di maggioranza, confermando «il mio impegno a lavorare, come amministrazione, su una serie di attività per intervenire fattivamente sulla problematica del randagismo, predisponendo, iniziative a cui i giornali locali hanno dato ampio spazio proprio nei ultimi giorni. Purtroppo stamattina mi sono giunte le foto dell’ennesima violenza (due nel giro di 24 ore) su un cane randagio di cui si occupa la mia amica volontaria lametina, Clara Solla».
    Nella nota stampa si rimarca che «sono fermamente convinta che vigliacche azioni del genere debbano essere denunciate e condannate. Si tratta di gesto in cui sono ravvisabili i reati di tentato delitto di uccisione di animali previsto dall’ art. 544-bis del Codice penale e punito con la reclusione da 3 a 18 mesi, o quantomeno quello di maltrattamento di animali, art. 544-ter (reclusione da 3 mesi a 1 anno o multa da 3.000 a 15.000 euro)».
    Per questi motivi l’amministrazione «per come già comunicatomi personalmente dal Sindaco, si costituirà parte civile nell’auspicata ipotesi di identificazione dei colpevoli e di celebrazione del processo», spiega il componente della maggioranza, «tenuto conto della stretta correlazione tra la violenza arrecata sugli animali e la pericolosità sociale di soggetti ignoti che agiscono in questo modo come Amministrazione ci impegneremo per prevenire e reprimere eventuali illeciti di tale portata, mediante controlli e forme di collaborazione con Autorità competenti. Si osserva che la competenza in tema di lotta al randagismo e tutela degli animali d’affezione è del Comune e che quest’ultimo ha diritto di chiedere il ristoro dei danni subiti in conseguenza di un fatto che costituisce reato, come prevede l’orientamento giurisprudenziale prevalente in quanto la richiesta di risarcimento del così detto “danno all’immagine” trova proprio fondamento nell’ormai pacifico riconoscimento della titolarità di diritti, della personalità anche in capo agli enti e nelle ammissioni al risarcimento della lesione che, sotto il profilo della turbativa dell’operato della P.A., il reato arreca al pregio, alla reputazione ed all’onore dell’Ente dell’interesse tutelato dalla norma penale violata è dalla legge incaricato (Cass. Sez.III n.35868 del 25.10.2002; Cass.Sez. I n.47469 dell’11.12.2003)».

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