Con le misure anti Covid-19 generale riduzione della concentrazione di NO2, stabile quella del PM10

Studio condotto da Arpacal, osservate riduzioni della concentrazione di Biossido di azoto nei centri urbani

«Abbiamo voluto contribuire attraverso uno studio ragionato dei dati della nostra rete regionale della qualità dell’aria nonché di quelli satellitari, come faremo in SNPA anche con il progetto Pulvirus in partnership con ENEA ed Istituto Superiore di Sanità, per ragionare quanto l’emergenza coronavirus possa aver inciso sulla qualità dell’aria in Calabria» spiega il Direttore generale dell’Arpacal, Domenico Pappaterra, in merito allo studio che i tecnici dell’Agenzia hanno realizzato per valutare gli effetti che la misura di lockdown imposta dal Governo nazionale prodotti sulla qualità dell’aria in Calabria, ed eventualmente quale correlazione ci sia tra le misure di limitazione introdotte e i valori di concentrazione registrati.

Nel documento – consultabile da questa mattina sul sito web dell’Arpacal – sono stati analizzati i dati di qualità dell’aria di PM10 e Biossido di azoto (NO2), al fine di valutare la variazione della loro concentrazione a seguito del rispetto delle misure restrittive che hanno comportato una diminuzione del traffico veicolare. Sono stati analizzati i dati registrati nel primo quadrimestre del 2020, confrontandoli con quelli registrati nello stesso periodo del triennio 2017-2019; come è noto, infatti, in Calabria la qualità dell’aria viene monitorata attraverso la rete regionale costituita da 20 stazioni fisse posizionate sull’intero territorio (tra le 5 di fondo nelle zone montane e collinare anche quelle ubicate a Martirano Lombardo e Lamezia Terme) secondo il Programma di Valutazione (PdV) approvato dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare (MATTM).

Dopo un’analisi attenta dei dati acquisiti, suffragata da una serie di tabelle esplicative, i tecnici autori dello studio – Claudia Tuoto, Dirigente Servizio tematico “Aria” del Dipartimento provinciale di Cosenza, CPS Esperto Emilio Centorrino e Pasquale Crea del Servizio tematico “Aria” del Dipartimento provinciale di Reggio Calabria – giungono alla conclusione che «i dati registrati dalla rete di monitoraggio della qualità dell’aria mostrano, nel periodo interessato dal lockdown, una generale riduzione della concentrazione di NO2. Non è stata evidenziata alcuna variazione sostanziale della concentrazione di PM10 tra il periodo prima del lockdown e quello del lockdown. Una possibile spiegazione di questo andamento va ricercata nel fatto che PM10 e NO2 hanno origine e caratteristiche differenti, infatti mentre per il biossido di azoto la fonte prevalente è il traffico veicolare, per il PM10 la sorgente primaria è da attribuire al riscaldamento. Questa fonte di emissione, durante il periodo di contenimento, non è stata mai interrotta anzi con la maggiore permanenza delle persone nelle abitazioni le emissioni provenienti dal riscaldamento domestico potrebbero essere anche aumentate rispetto agli anni precedenti».

In parallelo, lo studio Arpacal ha acquisito anche informazioni da un punto di osservazione in più, a comprova di quanto i tecnici dei Servizi tematici Aria hanno già evidenziato. Il centro regionale Geologia e Amianto, infatti, ha elaborato una serie di dati acquisiti dal TROPOMI (TROPOspheric Monitoring Instrument), uno strumento installato a bordo del satellite Sentinel 5P messo in orbita dall’Agenzia spaziale europea (ESA) con lo specifico compito di rilevare i diversi inquinanti atmosferici su scala globale.

Da questa seconda parte dello studio – realizzata da Teresa Oranges, direttore del Centro regionale Geologia e Amianto, e da Luigi Dattola, geologo dello stesso centro – è emerso che anche per la Regione Calabria, pur in assenza di un importante tessuto industriale, nel periodo di lockdown si sono osservate riduzioni della concentrazione di Biossido di azoto nei centri urbani, nella Piana di Gioia Tauro e nell’area dello Stretto di Messina.

Il sistema Tropomi, infatti, acquisisce informazioni sulla colonna atmosferica utilizzando le lunghezze d’onda dello spettro elettromagnetico che vanno dall’ultravioletto all’infrarosso, consentendo di rilevare la presenza di aerosol e gas in traccia che possono influire sulle condizioni climatiche e sulla qualità dell’aria. La sua prospettiva di osservazione, diversa dalla rete regionale della qualità dell’aria, contribuisce a migliorare il quadro conoscitivo del territorio.