Le rassicurazioni parziali di carabinieri e terna commissariale su Scordovillo non convincono Antonio Marziale

Il garante per l'infanzia regionale risponde al grido d'aiuto della responsabile dei reparti di pediatria e fibrosi cistica

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    «Ho ricevuto una segnalazione preoccupata e sofferta della dottoressa Mimma Caloiero, responsabile del reparto Pediatria e del centro per la cura della Fibrosi cistica nell’ospedale di Lamezia Terme, con cui si porta a mia conoscenza, per il ruolo che svolgo di Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza della Regione Calabria, la gravissima situazione in cui è costretta ad operare, con il reparto che dirige a ridosso di un campo rom dove quotidianamente si incendiano pneumatici e spazzatura di ogni genere», lamenta il Garante per l’infanzia, Antonio Marziale, sostenendo che esista «in maniera inconfutabile il grave pericolo per i bambini ricoverati con problemi respiratori di rilievo nel reparto che dirige, aggravati dalla costante emissione di fumi di probabile consistenza tossica che si espandono tutto intorno e che sono provocati dagli incendi incontrollati attivati nel campo rom adiacente. Immediatamente, come l’urgenza del caso richiede – continua Antonio Marziale – mi sono attivato con lo staff della Commissione straordinaria che guida l’ente comune di Lamezia Terme, da cui ho avuto indicazioni di un progetto di delocalizzazione del campo rom, anche se i tempi non appaiono, nonostante le buone volontà, commisurati allo stato di bisogno di chi è ricoverato, e si tratta di bambini».
    Marziale spiega di aver «contattato il comandante del gruppo dei carabinieri di Lamezia Terme, Massimo Ribaudo, che ringrazio per la concreta disponibilità istituzionale, il quale mi ha assicurato che disporrà l’incremento dei controlli di prevenzione nella zona, con l’obiettivo, intanto, di scoraggiare l’innesco degli incendi. È mia intenzione comunque, visitare la struttura di Pediatria dell’ospedale lametino il più presto possibile non solo per dimostrare solidarietà ai piccoli pazienti e a tutto il personale medico e paramedico che lì vi opera, ma come impegno affinché al più presto si rimuovano le condizioni ambientali di inquinamento e restituire sicurezza e dignità ad un luogo di sofferenza. Infine, formulo una domanda da cui pretendo chiarimenti da chi di dovere: com’è possibile che su un terreno di proprietà dell’ospedale sia stato possibile in tutti questi anni consentire la stabilizzazione di un campo rom fino a minacciare persino la igienicità di un luogo di cura?». La risposta però è negli atti: il campo Rom esiste da prima che l’ospedale sia stato costruito in quella zona (prima dei lavori il nosocomio era su colle Sant’Antonio), ed il terreno non di proprietà dell’ospedale, così come il locale commissariato di polizia.
    g.g.
     

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