«Gli operatori sono lametini, così come i nostri fornitori, quindi siamo una parte dell’economia che gira ma non puntiamo all’assistenzialismo» (VIDEO)

Storie di percorsi di integrazione, sia in ambito scolastico che di lavoro, contrapposte alle realtà complicate da cui si fugge, non avendo in alcuni casi lo stesso idioma o lingua, ma con larghi sorrisi nel video realizzato da Antonio Grande per raccontare le attività dello Sprar Due Soli.

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    Di GIANLUCA GAMBARDELLA
    Storie di percorsi di integrazione, sia in ambito scolastico che di lavoro, contrapposte alle realtà complicate da cui si fugge, non avendo in alcuni casi lo stesso idioma o lingua, ma con larghi sorrisi nel video realizzato da Antonio Grande per raccontare le attività dello Sprar Due Soli. Una mancanza di comunicazione all’esterno di una determinata cerchia su cosa si faccia e per chi in questi progetti esiste da tempo, non si cela a margine dell’incontro di presentazione, anche se primi spiragli esistono anche grazie al mondo dello sport o del teatro che ha permesso ad alcuni di potersi calare in un contesto lametino diverso e farsi maggiormente conoscere.
    In 10 anni di lavoro al Due Soli si è passati da un picco di 45 a 33 ospiti, dopo che il Comune ha revocato la concessione di un bene confiscato alla criminalità organizzata reputandolo non più agibile ed intimato lo sgombero in poco tempo, ed in questi giorni il numero è sceso a 27 con una famiglia di origine siriana trasferitasi a Jacurso per iniziare una nuova vita.
    Tutti gli ospiti del Due Soli, alla luce anche degli aggiornamenti del decreto sicurezza varato dall’attuale Governo, sono vittime di tratta e sfruttamento che già hanno ottenuto il permesso di soggiorno, e si trovano a seguire un percorso semestrale in cui hanno un progetto personalizzato legato alla formazione, ma non tutto è semplice tra burocrazia intricata ed uno scetticismo crescente.
    La rete dello Sprar Due soli conta oggi di 7 appartamenti, con altri 3 da approvare dalla cabina di regia ministeriale, ma chiedendo informazioni ai responsabili e gli operatori non viene celata come si stia trovando difficoltà e diffidenza nei proprietari nell’affittare i propri locali, anche alla luce dell’attuale periodo storico in cui anche i vertici politici nazionali contribuiscono a polarizzare la discussione e confondere le carte.
    A Lamezia Terme si trovano due Sprar con gestioni diverse: il primo dedicato ai minori in via dei Bizantini, ed il Due Soli che si occupa anche di donne all’interno del progetto regionale “Incipit”, il cui mandato scadrà però a dicembre. Un nuovo bando dovrebbe avvenire a gennaio, con quali linea guida non è ancora chiaro visto le idee dell’attuale Ministro dell’Interno incentrate più sulla chiusura e la non accoglienza.
    L’opera degli operatori e gli ospiti votata all’inclusione è così improntata sia all’interno dello Sprar che all’esterno. Luisa Serratore rimarca come «in uno degli ultimi laboratori di sartoria effettuato all’interno delle nostre attività abbiamo ospitato anche donne italiane oltre che straniere, sfruttando i fondi a noi concessi. Una volta che le persone si trovano ad interagire cadono i muri della diffidenza, si vede che alcuni preconcetti sono infondati, e lo vediamo sia nei percorsi scolastici che quelli lavorativi. Anche in qualche comune dell’hinterland la presenza di ospiti stranieri è stata vista come una possibilità di mantenere alcuni servizi, come il numero di studenti nelle scuole, ed un numero più contenuto di persone ha anche più facilità ad integrarsi».
    Altro aspetto è poi quella della gestione dei finanziamenti che si gestiscono: «gli operatori sono lametini, così come i nostri fornitori, quindi siamo una parte dell’economia che gira ma non puntiamo all’assistenzialismo; i fondi son destinati a progetti per formare e dare una possibilità a chi vuole farsi una vita dopo essere scappato da casa, poi c’è chi rimane a Lamezia e chi decide di andare altrove, ma ad oggi non abbiamo nostri assistiti che una volta completato il periodo con noi si trovino in situazioni di indigenza. Facciamo anche autosegnalazioni o ne riceviamo per accogliere chi si troverebbe nelle condizioni di poter aderire ai nostri progetti, ma tutto segue sempre determinati iter ed autorizzazioni».
    Nell’epoca del “prima gli italiani” e dell’hate speech online (ovvero commenti che istigano all’odio) neanche Lamezia Terme si rivela un’isola felice, anche se la Serratore ammette che «in 10 anni abbiamo avuto solo due episodi di razzismo eclatante, entrambi legati ad aggressioni su mezzi pubblici, mentre in generale registriamo tensione e commenti poco lusinghieri sulle donne che vengono ancora viste in un determinato modo, specie quando le si associa ancora allo sfruttamento della prostituzione». 
    Nella poca chiarezza delle varie terminologie (richiedenti asilo, rifugiati, immigrati, etc) che anche la politica fomenta, l’opinione pubblica si trova anche ad accomunare casi e situazioni diverse, e chi si trova in un sistema strutturato viene accostato a fenomeni di cronaca o di microcriminalità in cui la nazionalità dell’accusato viene ritenuta una discriminante, anche se negli anni il “parallelo dell’intolleranza” è gradualmente sceso: nei primi anni ’90 erano gli albanesi e slavi ad arrivare in Italia, poi è stata la volta di rumeni e bulgari, passando poi per i cittadini del Nord Africa che già aveva rotte più consolidate, ed ora allargandosi anche alle zone più centrali del continente africano o parte del Medioriente.
    «L’emigrazione c’è sempre stata, ed è un fenomeno che non si fermerà per motivi vari come quelli legati al clima, alla povertà, alle guerre, alle persecuzioni politiche o religiose, va quindi gestito», valuta la Serratore, «c’era anche negli anni della guerra in Vietman in cui soldati americani non concordi nel partire al fronte hanno chiesto asilo in Svezia. Quale sia il futuro dell’accoglienza in Italia al momento però non possiamo dirlo».

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