Sulla gestione dei beni confiscati Progetto Gedeone chiede di aggiornarsi

Sul prossimo bando relativo invita l'amministrazione comunale lametina ad andare oltre al “Regio decreto del 1923”

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Il Progetto Gedeone sul prossimo bando relativo ai beni confiscati invita l’amministrazione comunale lametina ad andare «oltre al “Regio decreto del 1923”, magari anche, per come si legge nella Strategia nazionale per la valorizzazione dei beni confiscati, attraverso le politiche di coesione, prevista dalla Legge di Bilancio 2017 (art. 1, comma 611) elaborata dall’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (ANBSC) in collaborazione con il Dipartimento per le politiche di coesione (DPCoe) della Presidenza del Consiglio dei Ministri».

Riferimento diretto è la riforma del Terzo settore introdotta dalla Legge n. 106/2016 che definisce, tra l’altro, «l’universo di riferimento degli Enti del Terzo Settore (Ets) con istituzione del Registro unico nazionale del Terzo settore e del Consiglio nazionale del terzo settore e, all’articolo 5, definisce le “attività di interesse generale per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale” consentendo agli Ets di poter accedere anche a esenzioni o vantaggi economici. A questo proposito, tra le misure innovative introdotte dal successivo Codice del terzo settore (D. Lgs. n. 117/2017) è da segnalare il “Social bonus” la cui definizione si è avviata con il Protocollo d’intesa siglato nel novembre 2017 tra ANBSC, Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Agenzia del Demanio e ANCI per consentire la destinazione agli enti non profit di beni immobili pubblici inutilizzati e di beni mobili e immobili confiscati alla criminalità organizzata, da utilizzare esclusivamente per lo svolgimento di attività di interesse generale, incentivando queste iniziative con una specifica agevolazione fiscale».

Tale protocollo prevede che «i beni mobili e immobili di proprietà dello Stato, delle Regioni e Province autonome e degli altri Enti Locali non utilizzati per fini istituzionali, possono essere concessi in comodato per 30 anni agli ETS, a eccezione delle imprese sociali, per lo svolgimento delle loro attività istituzionali. I beni culturali immobili, di proprietà dello Stato, delle Regioni, degli Enti Locali e degli altri Enti Pubblici, che richiedono interventi di restauro, possono essere dati in concessione per non più di 50 anni, agli ETS che svolgono le attività di interesse generale lettere F, I, K, e Z, detraendo dal canone di concessione le spese sostenute».

Altro aspetto è quello della sostenibilità economica distinguendo «fra le attività di volontariato in senso stretto, che non impiegano se non in modo occasionale o accessorio mano d’opera retribuita, e quelle organizzate in forma di imprese sociali, che pur non perseguendo uno scopo di lucro, organizzano mezzi e personale in modo stabile per offrire servizi e produrre beni di interesse collettivo, talvolta in condizione di concorrenza con imprese tradizionali. Le attività volontaristico-comunitarie potranno interpretare il criterio della sostenibilità in modo “leggero”, limitandosi ad indicare le modalità con cui i cittadini saranno coinvolti nello svolgimento delle attività a titolo gratuito, e stimando le spese essenziali di gestione in cui incorreranno. Per coprire queste ultime potranno invocare il ricorso a piccoli supporti pubblici e/o donazioni di risorse private da fondazioni, sponsor, fund raising, ecc., menzionando i possibili sostenitori all’atto della formulazione di una proposta di utilizzo, o della sottoscrizione della convenzione o altro accordo che attribuisce ad essi la disponibilità del bene»

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