“Nessuno deve perdere il lavoro a causa del Covid-19”

Il vescovo, Giuseppe Schillaci, e il direttore dell’Ufficio diocesano di pastorale sociale e il lavoro, don Fabio Stanizzo, vicini a tutti i lavoratori

In occasione della festa di San Giuseppe Lavoratore, il vescovo, Giuseppe Schillaci, e il direttore dell’Ufficio diocesano di pastorale sociale e il lavoro, don Fabio Stanizzo, hanno voluto far sentire la loro vicinanza a tutti i lavoratori in un momento molto delicato per il territorio lametino e nazionale

«La Chiesa di Lamezia Terme vuole essere vicina a tutti coloro che vivono questi drammatici momenti e desidera confermare la propria vicinanza a quanti si impegnano affinché il lavoro sia sempre più dignitoso, sicuro, sano e non stravolga, i ritmi di vita individuale e familiare», si legge nella lettera, «nel cammino che la Chiesa Italiana sta facendo verso la 49° Settimana Sociale di Taranto (4-7 febbraio 2021) siamo chiamati a coniugare lavoro e sostenibilità, economia ed emergenza sanitaria. “L’opera umana – scrivono i vescovi italiani in occasione della festa del 1 maggio, mettendo l’accento sulla quantità rilevante di persone scartate a causa del coronavirus – sa cogliere la sfida di rendere il mondo una casa comune. I credenti possono diventare segno di speranza in questo tempo capaci di abitare e costruire il pianeta che speriamo”. E quanto emerge dal messaggio. Il lavoro fa parte del piano di amore di Dio ed è un elemento fondamentale per la dignità di una persona. Il lavoro ci rende simili a Dio, che ha lavorato e lavora, agisce sempre; dà la capacità di mantenere se stessi, la propria famiglia, di contribuire alla crescita della propria Nazione, “non è il lavoro a dar valore all’uomo, ma l’uomo a dar valore al lavoro”».

Si rammenta che «il lavoro anche quando non manca è precario, povero, temporaneo, lontano da quei quattro attributi definiti da Papa Francesco nell’esortazione apostolica Evangelii Gaudium: libero, creativo, partecipativo e solidale. Il mondo attuale, la situazione che stiamo vivendo, ci chiede di usare un modello capace di coniugare il valore economico con la dignità del lavoro e la soluzione dei problemi ambientali. Nessuno deve perdere il lavoro a causa del Covid-19. Abbiamo bisogno di un’economia che mette al centro la persona, la dignità del lavoratore e sappia mettersi in sintonia con l’ambiente senza violentarlo, nell’ottica di uno sviluppo sostenibile, sulla linea tracciata dalla Laudato Si e della dottrina sociale della chiesa. Dispiace che in questo periodo stia venendo fuori, ancor di più un “lavoro che non vogliamo” che rappresenta una delle cause dell’esclusione delle persone dalle reti di produttività e di scambio. Esse, da un lato, ledono la dignità umana e, dall’altro, creano occasioni di sfruttamento delle persone ed impediscono un autentico sviluppo umano, con grave danno per la ricchezza della nazione. A questo punto dobbiamo dire no ad un lavoro: “servile, sterile, alienante e conflittuale”».

Si ricorda come «in una giornata importante come questa avevamo inserito nel programma annuale della Scuola di dottrina sociale della Chiesa una giornata dedicata al lavoratore nell’area industriale Papa Benedetto XVI di Lamezia Terme. Essere presenti come Chiesa nei luoghi significativi come l’ospedale, l’azienda e il tribunale è stato infatti l’obiettivo del percorso della scuola di dottrina sociale nell’anno pastorale 2019/2020, secondo le provocazioni di papa Francesco nel messaggio al IX festival dsc di Verona che ci hanno portato a scegliere come tema per quest’anno per la scuola “Essere presenti nella comunità” in quanto è bello pensare ad una presenza diffusa che abita i luoghi, porta tenerezza e opera come lievito”. Troppo spesso il lavoro viene interpretato unicamente come una necessità economica quindi come uno strumento per ottenere un reddito che permetta poi di consumare. Ma il lavoro è molto di più, è un ambito in cui la persona può diventare più persona e realizzarsi. La persona sperimenta la sua creatività, sperimenta i legami che la uniscono agli altri. E’ per questo che il lavoro è un’esperienza umana fondamentale ed è per questo che non possiamo immaginare di risolvere il problema semplicemente garantendo un reddito anche a chi non lavora perché gli mancherebbe un pezzo fondamentale di esperienza umana».

In chiusura si ritiene che «il lavoratore vuole lavorare non solo per vivere, ma per essere; e desideriamo che tutti gli uomini e le donne possano far parte di questo cantiere della vita con dignità, perché le risorse che essi sono per il mondo siano godibili per tutti. Cogliamo anche l’occasione per ringraziare quanti in questo periodo di emergenza sono in prima linea ed al servizio degli altri».