“Al 21 maggio non si contempla ancora la piena ripresa dell’Attività Giudiziaria, pur a fronte della ripresa di ogni altra attività”

Dura disanima della presidente dell'ordine degli avvocati di Lamezia Terme

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Il presidente dell’Ordine degli Avvocati di Lamezia Terme, Dina Marasco, evidenziando le criticità della giustizia italiana nella fase post emergenza Covid 19 parla di «non solo catastrofe sanitaria ed economica ma anche catastrofe dei Diritti e del Diritto. Ad oggi, in una fase in cui si pensa a riaprire palestre, parrucchieri, centri estetici, locali, cinema e teatri, la materia della Giustizia non appare neanche in fondo alla lista delle preoccupazioni e dell’agenda di governo».

Si lamenta che «Governo e Ministero della Giustizia hanno pensato bene di non assumersi la responsabilità di alcuna decisione, delegando il tutto ai singoli Capi degli Uffici Giudiziari, con il risultato di ritrovarci una miriade di provvedimenti per la gestione della fase 2 diversi per ogni Ufficio. Ebbene, nonostante gli sforzi congiunti e l’encomiabile impegno posti in campo da Responsabili degli uffici, Istituzioni forensi, Magistratura e Personale in quasi 3 mesi di emergenza, al 21 maggio non si contempla ancora la piena ripresa dell’Attività Giudiziaria, pur a fronte della ripresa di ogni altra attività».

Secondo la Marasco «la criticità più acuta è rappresentata dalla circostanza che dal 12 maggio è ripresa la decorrenza dei termini processuali, prima sospesi per circa 2 mesi, ma nessuno ha pensato di coordinare tale previsione con quella della ripresa dell’indispensabile attività di supporto del personale amministrativo giudiziario, ancora paralizzato e inchiodato da circolari e direttive ministeriali che impongono formule di lavoro agile, incoerenti e ipocrite, che in realtà non consentono l’espletamento di alcuna attività».

L’avvocato Marasco ha, altresì, dichiarato che «proprio oggi si è svolto un confronto con il Consiglio Nazionale Forense e con tutti gli Ordini italiani e possiamo affermare che i problemi e le gravissime criticità attraversano tutto lo Stivale e tutte le sedi giudiziarie, nessuna esclusa. Le cancellerie e segreterie continuano ad essere inaccessibili, stante la possibilità di accedervi solo su richiesta di prenotazione a mezzo pec o telefono (cui difficilmente si ottiene risposta in tempi rapidi o, peggio, molto spesso non si ottiene riscontro) con conseguente difficoltà per i difensori di rispettare i termini processuali; continua ad essere contingentata l’attività degli Uffici Notifiche; si riscontrano gravi ritardi nell’evadere le richieste di iscrizione a ruolo dei procedimenti, anche di quelli di carattere urgente; si accusano ritardi nella comunicazione dei provvedimenti, e così via».

Il risultato è quello di «migliaia i casi di denegata giustizia in tutta Italia, con una situazione oramai insostenibile, che penalizza tutti gli attori della giustizia, Avvocati, Magistrati e lo stesso Personale amministrativo, in enorme difficoltà per cercare di far fronte, a ranghi così ridotti, a tutte le richieste e gli adempimenti connessi al proprio ruolo. Governo e Ministero della Giustizia (dal Ministro al Capo Dipartimento dell’organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi) sono i principali responsabili diretti di questa catastrofe. L’Avvocatura ha dimostrato finora un altissimo senso di responsabilità, prestando la più ampia collaborazione alla risoluzione dei problemi legati all’emergenza sanitaria in atto ma oggi dice basta. La tutela dei diritti è il fondamento di uno Stato democratico e la compromissione di tale fondamento non può più essere ulteriormente tollerata».

La presidente dell’ordine di Lamezia Terme rilancia: «si diffidano formalmente, ad ogni effetto di legge, i responsabili di tale situazione affinchè vogliano immediatamente e senza altro indugio assumere ogni più opportuno provvedimento volto alla piena ed effettiva ripresa dell’Attività giudiziaria e di ogni attività ad essa strumentale e connessa, adottando altresì tutte le opportune precauzioni sanitarie. In mancanza, ciascuno ne risponderà nelle competenti sedi».

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