Call center in chiusura, dal fronte sindacale si sollecita il Comune ad avanzare anche proprie proposte di immobili

Un centinaio di unità ancora in turnazione in sede, con possibilità di una struttura più piccola da trovare

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Dopo la conferma nella riunione tenuta al Ministero a Roma dell’intenzione di trasformare in aula bunker l’attuale stabile nell’area industriale lametina che ospita il call center dell’Abramo Customer Care, i sindacati rappresentanti i lavoratori si sono incontrati in via Perugini con i consiglieri comunali per aggiornare sulla situazione dall’interno, non palesando però molto ottimismo sulla soluzione risolutiva nel breve termine, anche perché lo smantellamento delle postazioni è già in atto e l’azienda sta guardando primariamente l’ambito economico.

Mutato il management aziendale, c’è una riorganizzazione societaria con anche un nuovo direttore generale recentemente nominato, ed ora la situazione anche logistica è differente con il passaggio ad uso aula bunker dei locali fino al 30 giugno destinati alle postazioni del call center (il mancato rinnovo dell’uso della sede comporta per le casse dell’azienda un risparmio di 150.000 euro più le utenze), non rendendo così fattibile la richiesta avanzata alla Fondazione Terina (proprietaria della struttura) di prorogare fino al 31 luglio le attività.

Nel frattempo l’Abramo per ridurre le spese aziendali ha già chiuso una sede a Catanzaro, trasferendo i lavoratori nella sede di Caraffa che è di proprietà aziendale, ipotesi percorribile anche per i lavoratori della sede lametina. Un’altra strada potrebbe essere di trasferire in telelavoro anche i dipendenti attualmente in sede, ma non tutti i lavoratori reputano di poter accettare tale ipotesi per motivi organizzativi e strutturali, ed il dibattito è vivo anche a livello nazionale con il nuovo contratto di settore da ridiscutere.

La posizione sia dei consiglieri comunali che quella dei sindacati è quella di spingere l’azienda a riaprire il dialogo per far rimanere le attività in locali più piccoli, essendo gran parte dei dipendenti attualmente in telelavoro (delle 660 unità iniziali nei turni ruotano in sede circa 150 persone).

Dal fronte sindacale si sollecita il Comune ad avanzare anche proprie proposte di immobili nel caso (non necessariamente propri, visti i vincoli normativi da dover rispettare), tutto prima che si arrivi al nuovo piano industriale che non arriverà probabilmente prima di settembre, e farsi da tramite visto che l’interlocuzione tra le parti attualmente non è lineare (ieri sera primo contatto formale dopo gli scambi di visioni a mezzo stampa tra Fondazione Terina ed azienda).

Tale aspetto dovrebbe avvenire così in un tavolo di confronto tra le parti per trovare una soluzione condivisa che rispetti sia le richieste aziendali (e relativo bilancio) che quelle dei lavoratori (i quali chiedono di rimanere ad operare a Lamezia Terme, tenendo conto anche della presenza di unità della provincia di Vibo Valentia o più lontano), con anche la possibilità di avviare strutture di coworking con rotazione del personale.

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