Il 15 luglio prevista la fine del servizio call center nella sede di Lamezia Terme, lunedì nuova visita dei tecnici ministeriali foto

Anche dopo l'incontro odierno tra sindacati, consiglieri comunali e Fondazione Terina non sembrano esserci spiragli di soluzioni alternative per la permanenza dell'Abramo Customer Care

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Anche dopo l’incontro odierno tra sindacati, consiglieri comunali e Fondazione Terina non sembrano esserci spiragli di soluzioni alternative per la permanenza dell’Abramo Customer Care nell’area industriale lametina, con l’attuale stabile adibito che sarà riconvertito ad area bunker e la società che già in precedenza aveva annunciato ad inizio anno la volontà di non andare oltre giugno nel contratto. A gennaio però il quadro della situazione era diverso rispetto a quello attuale, con la rivalutazione post Covid-19 che ha da un lato reso più conveniente il telelavoro, dall’altro il calo delle commesse o degli introiti delle stesse a far rivedere i bilanci aziendali.

Il presidente della Fondazione Terina, Gennarino Masi, riepiloga le trattative degli ultimi mesi tra le parti, specificando che «mai avrei avanzato la candidatura dei nostri locali al Ministero per i maxi processi se avessi avuto gli stessi occupati ancora dalle attività del call center». Ultimo incontro avvenuto martedì «in cui ho ribadito la nostra volontà di poter concedere anche un altro immobile vista la possibilità di dover allestire un numero minore di postazioni. Non abbiamo trovato però aperture in tal senso, i lavori sulla sala server son andati avanti e si sta smantellando tutto quanto riguarda le postazioni del call center per lasciare lo stabile». La strada intrapresa è quella di rafforzare il telelavoro, con i circa 150 dipendenti attualmente in servizio nell’area industriale che in parte dovrebbero andare nella sede della casa madre vicino Catanzaro.

Masi nell’elencare le varie spese previste nel contratto (vigilanza, manutenzione del verde, utenze, oneri, etc) sottolinea che «le condizioni son quelle che l’Abramo ha ereditato dall’Infocontact, che per certe voci son minori rispetto a quanto dovuto da altri», non nascondendo che «finché ci sarò io come presidente massima apertura, ma un corrispettivo economico deve essere versato» citando altri contratti in essere come Inail, Asp, Cnr sottoscritti prima ed economicamente attualmente non vantaggiosi per la fondazione sul piano economico.

Il presidente della fondazione sollecita il Comune ad impegnarsi a rendere più attrattiva l’area industriale con incentivi ed investimenti, tema che però nell’essere sviscerato mette in luce la pluralità di competenza (Corap, Lameziaeuropa, Fondazione Terina tra le società partecipate attualmente insediate), i progetti sulla carta esistenti ma al momento solo in potenza (Zes, contratti istituzionali di sviluppo, centro per servizi, etc), ma anche l’assenza di politiche e strategie di respiro più ampio del breve periodo.

La posizione dei sindacati è quella di puntare sulla contrattazione cercando di far valere il confronto tra minori spese, ma senza inseguire una gratuità non attuabile, in funzione di un ritorno di immagine e qualità del lavoro dei dipendenti che avrebbero disagi maggiori nel recarsi sull’altra sponda della provincia rispetto alla posizione più baricentrica dell’area industriale lametina. Si gioca anche la carta dell’indotto che, seppure minimo, si sposterebbe, cercando di tenere aperta la trattativa per poter sfruttare le occasioni che il nuovo contratto nazionale di settore aprirebbe tra clausole sociali per i lavoratori e vincolo di attività nelle sedi in cui si è ottenuto il contratto.

La realtà più contingente è che lunedì tecnici ministero e demanio effettueranno un nuovo sopralluogo nello stabile, mentre il 15 luglio è prevista la fine del servizio call center nella sede di Lamezia Terme, mentre il sopralluogo tra il capannone in fase di sgombero e quelli liberi si conclude nei laboratori della fondazione, oggi fermi tra personale che dovrebbe arrivare e convenzioni da firmare ed attuare con altri enti.

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