I sindaci del lametino chiedono voce in capitolo sull’azienda unica sanitaria di Catanzaro ed un nuovo piano sanitario regionale

Si chiede di essere presenti con il primo cittadino lametino al tavolo istituzionale che Governo e MIUR hanno deciso di attivare

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Anche se esiste già la conferenza dei sindaci, nonché i distretti sanitari, i primi cittadini del lametino sul tema della sanità decidono di formare un comitato permanente di consultazione su un tema su cui non hanno potere di deliberare, che sarebbe regionale ma in Calabria è commissariato, al pari dell’azienda sanitaria provinciale da cui il territorio dipende.

Riunitisi nella Sala Napolitano su iniziativa del sindaco Paolo Mascaro, hanno discusso principalmente di due temi: le problematiche emerse nel corso della recente pandemia da Covid-19 con la necessità di rivedere, quindi, le offerte sanitarie dei territori, e l’esclusione del presidio ospedaliero di Lamezia Terme dalla integrazione nell’azienda unica ospedaliero-universitaria dell’area centrale della Calabria.

I sindaci hanno chiesto di essere presenti attraverso un loro rappresentante, ovvero il primo cittadino lametino, al tavolo istituzionale che Governo e MIUR hanno deciso di attivare, nel recente Consiglio dei Ministri del 25 giugno contestualmente alla decisione di impugnare dinanzi la alla Consulta anche la legge regionale n. 1 del 30/04/2020 che ha istituito l’azienda Sanitaria ospedaliero-universitaria senza un previo concerto con il Commissario al Piano di Rientro e l’Università.

Si torna così a ragionare sul mancato accorpamento del Giovanni Paolo II all’interno della nuova azienda ospedaliera di Catanzaro, eventualità che andrebbe però di contro a privare l’Asp di Catanzaro di uno dei 3 ospedali di relativa competenza (gli altri sono Soveria Mannelli e Soverato), reputando che «l’eventuale istituzione di un unico grande complesso ospedaliero in Catanzaro, che assorbirà gran parte della disponibilità di posti letto dell’intera area centrale, debba necessariamente riguardare anche il destino del Presidio Ospedaliero di Lamezia Terme, oggi gravemente limitato nelle prestazioni a causa delle spoliazioni succedutesi in questi anni di reparti, di primari, di personale medico e paramedico e della mancanza di oltre 120 posti letto rispetto alle previsioni in rapporto alla popolazione».

Si ritiene che «la programmazione della assistenza ospedaliera nell’area centrale della Calabria, in particolare, deve assicurare la disponibilità di un’offerta sanitaria specialistica in tutte e 3 le strutture, riequilibrando ed ampliando l’attuale offerta sanitaria e superando le criticità esistenti al fine di dare una sempre migliore risposta di qualità alla domanda di salute dell’intero territorio. Inoltre, deve essere riorganizzata l’assistenza territoriale, assicurando una continuità assistenziale al di fuori degli ospedali con una rete di assistenza medica, specialistica e sociale la cui importanza è stata evidente nel corso della pandemia».

Ambiti su cui, con il piano del fabbisogno del personale e dell’assistenza territoriale, la terna commissariale che guida l’Asp ha già dato risposte poco confortanti, al netto di un dissesto dichiarato a dicembre ma ancora non recepito, deliberando però di aderire anche al Cup unico dell’area centrale della Calabria che riguarda anche le aziende sanitarie di Catanzaro e quelle provinciali di Vibo Valentia e Crotone. Per i sindaci però bisogna guardare ad un nuovo piano sanitario regionale, il che chiama in causa Regione e commissario al piano di riequilibrio, non le singole amministrazioni.

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