Tra pandemia e difetti di comunicazione interna gli esercenti dell’aeroporto chiedono nuove strategie

Oltre all'aspetto economico sui fitti, si lamenta l'assenza di un piano marketing adeguato

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In sesta commissione arriva una rappresentanza della attività commerciali che esistono all’interno dell’aeroporto di Lamezia Terme, ma anche un primo confronto con il rappresentante del Comune in Sacal, Maria Grazia Milone.

«Nessun incontro ufficiale è stato richiesto al presidente De Metrio, né ci sono stati aiuti previsti dal Governo per le società che gestiscono gli scali aeroportuali», precisa la Milone, «abbiamo cercato di operare nei limiti delle norme da rispettare, anche in modo adeguato viste le recenti certificazioni che Sacal ha ottenuto. Siamo riusciti ad avere una parziale riapertura degli ingressi all’interno dello scalo lametino anche per parte degli accompagnatori dei passeggeri».

La componente del cda chiarisce così che «a fronte della massima disponibilità ad ascoltare tutte le proposte, non possiamo poi però garantire di recepirle tutte», mentre dal fronte degli esercenti si contesta l’assenza di un’interlocuzione da parte dal direttore commerciale con gli stessi per spiegare sia le misure restrittive in atto, come la chiusura dello scalo nei mesi di lockdown, come anche quanto è previsto in questa fase per venirsi incontro. Si citano gli esempi delle transenne non rimosse agli ingressi, che danno ancora un senso di chiusura dello scalo, ma anche la mancanza di pressioni sull’assessorato regionale al turismo per avere azioni mirate sull’aeroporto.

Più che contestare scelte singole del cda si chiede dal lato degli utenti commerciali di rivalutare sia le criticità già note strutturali, come anche l’ambito logistico per regolare meglio l’accesso allo scalo in questa fase di pandemia. Il pagamento del 30% dei fitti esistenti viene valutato come un punto di partenza non sufficiente, sostenendo invece che per via della pandemia come evento straordinario si debba rivedere in generale tutta la fase contrattuale, anche perché attualmente i fitti dichiarati sono intorno agli 85 euro al metro quadrato.

A livello sovracomunale si ipotizza che già come visione nazionale del problema ci sia una trattazione più nell’ottica dei lavoratori pubblici che non di quelli privati, definendo l’inizio dei problemi commerciali nell’aeroporto lametino risalire al 2016, con il Covid a dare un colpo di grazia. Il punto di volta è quello di avere attualmente negozi chiusi ma con affitti da pagare, fosse anche solo in formato ridotto, richiedendo invece un piano marketing più incisivo che vada oltre al numero di passeggeri che transitano tra arrivi e partenze.

Non si cela che nel consiglio di amministrazione ci siano però due anime: da un lato il pubblico, che deve mirare ad un interesse generale (anche quando gli enti pubblici sono rappresentati da imprenditori), dall’altro i soci privati che hanno invece una visione più economica della gestione societaria e potrebbero quindi avere atteggiamento diverso.

Nel dibattito non compare mai esplicitamente il tema dell’ampliamento dell’aerostazione, che prima della pandemia sembrava un tema ineluttabile, ed ora ancora in un limbo istituzionale dopo la perdita del cofinanziamento europeo per mancata copertura da parte di Sacal.

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