Per l’ex cantina sociale secondo Piccioni due le strade possibili, una sola quella attuale

Una pratica tecnica diventa bagarre politica, tra dati interpretati in modo difforme anche all'interno dell'opposizione, ed il proprietario privato che ha già demolito

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Secondo Rosario Piccioni, consigliere comunale “Lamezia Bene Comune”, l’attenzione prima di alcune testate e poi del centrosinistra non è legata ad un alcun interesse contro il privato, quanto invece solo ad una questione di regolarità della pratica, la quale però passa dagli uffici amministrativi e non dai pareri degli organi di indirizzo politico. Nonostante ciò una conferenza stampa nella sede del deputato Giuseppe D’Ippolito, dopo i chiarimenti offerti in prima istanza dall’amministrazione, e dopo anche dal progettista ora consigliere comunale di Fratelli d’Italia, Pietro Gallo, riportano tutto il discorso su attacchi incrociati politici (anche all’interno della stessa opposizione) e lettura diversa delle norme.

Piccioni ricorda come «l’1 aprile abbiamo presentato istanza di accesso agli atti per leggere le carte e avere il quadro della situazione sulla base di atti e documenti. Solo nei primi giorni di maggio abbiamo ricevuto le prime carte, alla luce delle quali a metà maggio abbiamo richiesto ulteriore documentazione che ci è stata fornita solo nella tarda mattinata dell’8 giugno dopo la conferenza stampa che abbiamo tenuto. In queste settimane, insieme alla consigliera Villella, pur avendo entrambi per motivi professionali le adeguate competenze giuridiche per esaminare nel merito le questioni, non abbiamo lasciato nulla al caso e abbiamo consultato esperti di diritto amministrativo e di urbanistica. Pervenendo unanimemente a un dato evidente che segna tutta la vicenda: sulla pratica amministrativa della ex cantina sociale ci sono palesi elementi di illegittimità, sia in termini di violazione di legge che di eccesso di potere, da parte della pubblica amministrazione».

L’accesso agli atti su una pratica edilizia privata secondo il consigliere di Lamezia Bene Comune deriva da «tutelare il superiore interesse pubblico e la legalità in una città come la nostra che come tutti amaramente sappiamo ha subito ben 3 scioglimenti per infiltrazioni mafiose, l’ultima nel 2017. Non c’è alcun attacco contro un privato, tanto è vero che la nostra istanza e i nostri rilievi sono rivolti unicamente nei confronti del Comune», citando ancora come «la commissione di accesso antimafia nel 2017 ha dedicato una forte attenzione, inserendola tra gli elementi che poi hanno portato allo scioglimento, proprio sul punto della stima del valore del bene» ma non che successivamente la commissione straordinaria l’abbia messa in vendita a settembre 2019.

Secondo Piccioni «quando si commettono degli errori, come in questo caso, la Pubblica Amministrazione ha la possibilità di porvi rimedio spontaneamente in via di autotutela», ribadendo così che il proprio interesse sia la norma transitoria introdotta nel 2012, mentre il progettista dava un’interpretazione diversa all’iter rispetto al centrosinistra: «l’art. 9 ter della legge 21/2010 introdotto nel 2012, serviva solo a consentire a chi, alla data del 16 febbraio 2012, aveva già presentato un progetto di poter chiedere, con una semplice istanza, un riesame della propria pratica al fine di ottenere il trattamento più favorevole previsto dalla modifica del 2012. E che il significato della norma sia questo lo mette nero su bianco chiaramente anche la Regione Calabria, non certo a guida centrosinistra, nel 2021 con la risposta datata 17 giugno 2021 a firma del Dirigente Dipartimento Infrastrutture della Regione al quesito formulato dal Comune di Lamezia il mese precedente. Nonostante il parere regionale, pubblicato a beneficio di tutti i comuni calabresi anche sul sito della Regione Calabria, fosse perentorio non lasciando spazio a nessuna altra interpretazione, il Dirigente comunale si spinge a sostenere una singolare tesi secondo la quale la disciplina transitoria del 2012 diventa, primo caso nella storia, una disciplina transitoria “perpetua” valida per qualsiasi altra modifica normativa introdotta successivamente. Ma vi è di più: distorcendo il dato letterale della norma, il Dirigente elabora la teoria secondo cui un permesso di costruire deve essere rilasciato non sulla base della legge in vigore al momento in cui appunto si sta rilasciando il permesso, ma in base alla normativa in vigore al momento di presentazione della domanda».

Piccioni ricorda che «per diversi mesi infatti il dirigente pro tempore ha evidenziato i motivi ostativi all’accoglimento della pratica, comunicandoli poi formalmente alla società da parte del Comune con una nota ufficiale del mese di marzo 2021, mettendo nero su bianco che il progetto originario non poteva più essere accolto per la modifica della legge regionale sul piano casa introdotta nel 2020 e che quindi, a differenza di quanto sostenuto dal consigliere/progettista, restavano due opzioni praticabili per la legge: 1) il cambio di destinazione d’uso dell’immobile, senza demolizione e ricostruzione, ai sensi dell’art. 4 della legge regionale; 2) la demolizione e la ricostruzione, senza il cambio di destinazione d’uso, ai sensi dell’art. 5 . Non c’erano altre strade percorribili». Essendo il bene già stato demolito, rimarrebbe quindi un’unica strada delle due proposte.

Nella battaglia politica Piccioni ricorda che «l’ex cantina sociale, così come altri beni immobili, è stata inserita nel piano delle alienazioni nel 2014. Ma è altrettanto vero e questi sono fatti incontestabili che l’amministrazione di centrosinistra non ha mai venduto l’ex cantina sociale, con il suo valore storico e culturale», imputando però all’amministrazione Mascaro un atto fatto dalla terna commissariale, sostenendo che «non si può consentire che qualcuno possa fare speculazione economica su un bene pubblico» anche se lo stesso non lo era e non poteva più esserlo nella versione esistente.

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