La siccità mette in crisi l’agricoltura: produzione di mais, foraggi e ortaggi in picchiata del 40%

Allarma anche la situazione dell’olivicoltura, media regionale del danno che si attesta al 10% mentre la costa jonica a tratti raggiunge picchi di perdite che superano il 60%

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«In un momento nel quale si dovevano avere riscontri positivi nella produzione di foraggi, arriva un conto salato per l’economia calabrese. Si conferma – riferisce Franco Aceto presidente di Coldiretti Calabria – quello che già da tempo si temeva, ovvero un generalizzato calo produttivo almeno del 40% di mais e foraggere per l’alimentazione degli animali dovuto all’andamento climatico particolarmente siccitosi di quest’anno ma anche all’aumento spropositato dei costi delle materie prime che hanno disincentivato gli agricoltori a seminare»

«A questo – prosegue – si è aggiunto il calo delle rese produttive in campo delle varie coltivazioni dovute alla siccità e al caldo. La situazione è difficile in tutta la regione con un 2022 caratterizzato fino ad ora da precipitazioni praticamente dimezzate. Pur se i Consorzi di Bonifica hanno e stanno facendo di tutto per garantire l’irrigazione nei territori irrigati, le produzioni – ribadisce Aceto – in ettari e rese sono assolutamente deludenti e a volte non conviene nemmeno raccogliere».

«Una situazione anomale ed eccezionale – continua Aceto – che Coldiretti sta monitorando per vedere se ci sono le condizioni per la richiesta di stato di calamità, tenuto anche conto che si tratta di coltivazioni che nella futura PAC, svolgono un ruolo importante nell’applicazione degli eco schemi. Dalle nostre stime e sopralluoghi – spiega – non ci lasciano tranquilli per il futuro anche altri comparti. La persistente siccità, ha fatto registrate la cascola anticipata di fiori e frutti negli uliveti, con una media regionale del danno che si attesta al 10% mentre la costa jonica a tratti raggiunge picchi di perdite che superano il 60% e in tutta la regione c’è apprensione per gli agrumi. La siccità – commenta Aceto – incide anche sullo stato dei terreni, rendendone più difficile la lavorazione per le colture della prossima annata, poiché costringerà inevitabilmente ad un maggior consumo di carburante per l’affinamento e maggiori rischi di rottura delle attrezzature con un aumento dei costi di produzione. In una congiuntura internazionale complicata e difficile, è urgente – conclude – sicuramente incrementare la produzione di cibo e la produttività perché in questo momento, non possiamo permetterci di perdere “terreno” rispetto agli altri».

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