Scaduti gli 81 contratti degli infermieri a collaborazione continuativa Piccioni chieda che il Comune solleciti l’Asp

Il consigliere comunale di Lamezia Bene Comune ha presentato una mozione su un campo aziendale di altro ente non di competenza comunale

Più informazioni su

Se il Comune di Lamezia Terme solo dopo 8 anni è riuscito a poter riaprire le possibilità di proprie minime assunzioni, Rosario Piccioni, consigliere comunale “Lamezia Bene Comune”, reputa che lo stesso organismo si debba esprime anche nelle politiche aziendali di un altro ente, come l’Asp di Catanzaro, ambito in cui non si ha alcuna autorità.

«Il 31 ottobre scorso non è stato rinnovato il contratto agli 81 infermieri e operatori sanitari del lametino e del catanzarese, assunti nel corso dell’emergenza Covid, che per oltre due anni e mezzo hanno svolto un ruolo fondamentale prima nell’affrontare l’emergenza e poi nella campagna di vaccinazione», ricorda Piccioni, annunciando una mozione «per chiedere che il consiglio e l’amministrazione comunale di Lamezia Terme, come territorio più vasto dell’Asp di Catanzaro e come Comune capofila del distretto socio-sanitario, assumano una forte posizione di interlocuzione istituzionale nei confronti della direzione sanitaria dell’Asp di Catanzaro e della Regione Calabria perché vengano rinnovati i contratti e si avvii un percorso di stabilizzazione del personale».

Il problema è però sia economico che contrattuale, essendo il personale sanitario assunto con contratto di collaborazione continuativa senza alcuna selezione concorsuale, e quindi terminata la copertura economica per l’emergenza pandemica, l’Asp di Catanzaro come altre aziende sanitarie non aveva la possibilità di mantenere in servizio gli stessi operatori avuti fuori dai blocchi assunzionali vigenti.

Piccioni contesta che «stiamo parlando di quegli stessi operatori sanitari che due anni fa, nel pieno dell’emergenza pandemica, di fronte a un sistema socio-sanitario stravolto, tutti noi chiamavo giustamente “eroi” e baluardo contro un virus che non ha risparmiato nessuno. E non solo durante la parte più difficile dell’emergenza sanitaria: gli infermieri hanno poi supportato le scuole alle prese con il virus, sono stati dirottati da un hub vaccinale all’altro, fino ai pronto soccorso e alle strutture sanitarie. Dopo una prima progressiva riduzione dell’orario lavorativo, da 35 ore settimanali a 18 e ora a 12, oggi vengono ingiustamente “mandati a casa” quando la direzione sanitaria dell’ Asp conosceva già da tempo la data di scadenza dei contratti».

Più informazioni su