Incontro con la rabbina Barbara Aiello all’istituto Borrello-Fiorentino su Olocausto ed ebraismo

Statunitense ma naturalizzata italiana; da anni risiedente e operante a Serrastretta, terra d’origine di suo padre

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A pochi giorni dalle celebrazioni della Giornata della Memoria, all’Istituto Comprensivo “Borrello-Fiorentino” il Dirigente Scolastico Giuseppe Guida, gli studenti e i docenti della scuola Secondaria ne hanno discusso (in modalità a distanza) con una figura emblematica e punto di riferimento dell’ebraismo, Rabbi Barbara Aiello, prima rabbina donna in Italia e fondatrice di una sinagoga unica nel Meridione d’Italia.

Un momento di conoscenza diretta di alcuni temi e aspetti dell’ebraismo, dei suoi legami col nostro territorio e con la nostra storia, attraverso una fonte di eccezionale importanza. E’ stato lo stesso Dirigente Guida a introdurre e presentare l’ospite. Rabbi Barbara, statunitense ma naturalizzata italiana; da anni risiedente e operante a Serrastretta, terra d’origine di suo padre, Antonio Aiello, soldato dell’esercito americano nella Seconda guerra mondiale e testimone diretto (come liberatore) degli orrori nel campo di concentramento di Buchenwald.

E’ lui il primo testimone degli orrori dell’Olocausto da cui il racconto di Rabbi Barbara prende le mosse, a cui seguono i racconti e le memorie di altri testimoni e sopravvissuti, da lei raccontati direttamente con le parole dei protagonisti. Gladis ed Edoardo, due “salvati” (per usare il termine di Primo Levi) sfuggiti alla catastrofe per qualche avventuroso accidente, due esempi di coraggio e di speranza – ma anche esempi dello stile narrativo che ha caratterizzato l’incontro, nel ricorrere alla singolarità delle storie come unica via percorribile per fare luce su un fenomeno (quello dell’Olocausto) che altrimenti è destinato a rimanere al di fuori di ogni possibile umana comprensione (“un altro pianeta” come ebbe a definirlo lo scrittore Yehiel De-Nur).

E anche fra gli storici c’è stato chi ha che sostenuto l’impossibilità di studiare Auschwitz nello stesso modo di qualsiasi altro evento storico, se non, nel migliore dei casi, e solo in parte, attraverso le memorie dei sopravvissuti o mediante la rappresentazione artistica. Attraverso l’identificazione emotiva col dolore delle vittime. Rabbi Barbara ha voluto entrare in sintonia col pubblico dei giovanissimi: facendo rivivere i personaggi, quasi “sceneggiandoli”, e letteralmente mettendosi nei loro panni.

Quindi, rispondendo alla curiosità degli studenti, ha approfondito la relazione col padre-soldato, la propria vocazione di rabbina-donna e la ricerca delle radici in quel di Serrastretta, alla luce di una promessa fatta allo stesso padre in punto di morte, di “aiutare gli ebrei calabresi a scoprire e ad abbracciare le loro radici ebraiche, molto profonde, nel passato di questa terra e di questa Regione” (è autrice di un documentario: “Il segreto, gli Ebrei di Calabria”, realizzato al Timpone e che ha proiettato nella sinagoga della Fratellanza a New York).

Di particolare importanza poi la parte dell’intervento dedicata alla religiosità ebraica, ai riti, ai simboli, alle feste (dallo Shabat alla Chanukah) alle tradizioni; la Rabbina ha ringraziato le docenti organizzatrici (Di Cello e Sgrò) per aver posto l’accento dell’incontro “anche” sull’interesse nei confronti dell’ebraismo e sulla conoscenza come antidoto per difendersi dai fantasmi del pregiudizio e dell’intolleranza.

C’è una “solarità” della religione ebraica (come dice Rabbi Barbara), insospettabile dietro le fotografie strazianti dell’Olocausto, che ormai fanno parte dell’immaginario comune. Qualcosa, a cui rimanda però il suo stesso modo di fare, la sua mimica, il suo sottile umorismo che appare come una forma sottile di intelligenza e umanità, come una presa di distanza dalla follia dell’odio e dell’intolleranza.

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