Il fronte no 5g arriva anche al Comune di Lamezia Terme

Per Ferdinando Laghi "ancora non abbiamo sfruttato a pieno le potenzialità del 4g"

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Mentre neanche la fibra ottica è riuscita a coprire tutta la città di Lamezia Terme, o almeno in modo ottimale, il prossimo passaggio sarà in futuro quello della rete 5G, nuovo standard di comunicazione che ha trovato scetticismo ma anche false informazioni in giro tra mondo online e offline.

Per costruirsi una propria versione la terza commissione consiliare lametina ha così voluto sentire Ferdinando Laghi, presidente International Society of doctors for the enviroment, con presenti a parte dei consiglieri componenti anche gli assessori Luzzo, Bambara, Gargano e Dattilo ad ascoltare.

«L’argomento è di valenza assoluta, nonostante le rassicurazioni avute sia a livello europeo, che dall’Anci a livello locale, l’attenzione per la salute è primaria» spiega il componente della giunta con delega tra le altre anche all’urbanistica, politica del territorio ed ambiente, non negando come esista la possibilità che si possa emettere un’ordinanza che vada verso la moratoria del 5g a Lamezia Terme, anche se ad oggi di antenne di tali tipo nel breve periodo non sono previste.

Per Laghi «il documento dell’istituto superiore della sanità sul tema è scientificamente infondato, ne abbiamo già chiesto la rimozione», rimarcando poi l’influenza di fattori esterni sulla salute degli esseri umani «anche se i limiti di legge son calcolati su individui adulti, e non su bambini o soggetti più sensibili, e non si tiene in conto la somma dei vari fattori inquinanti».

Partendo da pareri del 2002 e 2011, Laghi rimarca come anche gli elettrodomestici siano classificati come potenzialmente cancerogeni come campi elettromagnetici (ma al terzo livello tra i 5 possibili), additando il «conflitto di interessi degli studi condotti dalle industrie» ed il rischio per le giovani generazioni sia per un tempo maggiore di esposizione che per caratteristiche fisiche.

Sotto accusa finiscono così i cellulari, invitando all’uso più parco e diffidando dalle tecnologie wifi e cordless ma anche del bluetooth (attualmente però tornato in auge poiché deve essere attivato per il funzionamento dell’app Immuni, nata per il tracciamento dei contatti in epoca Covid-19), reputando che non sia ancora giunta la necessità del 5g «perché ancora non abbiamo sfruttato a pieno le potenzialità del 4g» e che preveda un’eccessiva richiesta di nuove strumentazioni e infrastrutture.

Laghi punta il dito contro gli interessi economici (mettendo nell’elenco delle fonti però anche la versione americana di Mike Pompeo contro le società cinesi di telecomunicazioni), dalla vendita delle frequenze pioniere agli investimenti esteri, avanzando anche altri rischi per la salute oltre a quelli oncologici potenziali, chiedendo così di opporsi all’aggiornamento al 5g anche nell’attuale clima di incertezza di innocuità.

L’Europa aveva dato indirizzo di apertura alla commercializzazione entro la fine del 2020, l’Italia si è adeguata, e se tale tecnologia è già attiva fuori dal nostro continente i rischi per Laghi sono su vegetazione (eventuali interferenze della portata del segnale con le chiome degli alberi), insetti, comunicazioni satellitari.

In chiusura si rimarca il fronte no5g a livello locale che coinvolge a vario titolo più di 500 amministrazioni comunali, ma anche le direttive a livello nazionale che vanno a voler modernizzare le tecnologie levando competenza ai singoli comuni di poter esprimere eventuali autorizzazioni. Nel frattempo la commissione presieduta da Giancarlo Nicotera si schiera ufficialmente contro il 5g convinta dalle argomentazioni di Laghi.

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