La quarta commissione consiliare in visita all’ex carcere lametino

Stanziato 1 milione di euro dal Ministero della Cultura per le prove sismiche sulla struttura che ospiterà una sezione dell'archivio di Stato e ricovero di opere d'arte in caso di calamità naturale

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Dopo l’apertura per le giornate del Fai a fine marzo, visita istituzionale da parte della quarta commissione consiliare all’interno dell’ex carcere lametino, attualmente di proprietà del ministero della cultura a cui spetterà ora il compito di dare nuova vita al bene architettonico privo di attività dal 2015.

Nato come convento di San Francesco d’Assisi in origine, la struttura ha subito più cambiamenti nel corso del tempo, anche ad opera di terremoti e diverse proprietà, diventando poi ufficialmente un carcere dal 1866.

Nel proprio ruolo di Virgilio più che Cicerone tra i corridoi e le stanze dell’ex luogo di detenzione l’assessore alla cultura Giorgia Gargano rimarca gli aspetti più contestati del posto, in cui 8 detenuti per ogni cella dovevano convivere giornalmente in spazi angusti e tra estranei.

Commissione carcere

Il luogo però, che in periodo di massima affluenza ospitava circa 100 detenuti, risultava prima della chiusura uno dei meno ameni tra quelli monitorati a livello nazionale, sia per i più recenti interventi (se non mancano le porzioni di colonne originarie o l’idea del chiostro del convento ora diviso per far effettuare l’ora d’aria, dall’altro diversi infissi sono risalenti agli anni 2000 così come le prese elettriche ed i cavi delle connessioni dati nelle stanze dedicate alle attività della polizia penitenziaria).

Al momento 1 milione di euro è stato stanziato dal Ministero della Cultura per effettuare le prove sismiche sulla struttura, ipotizzando di utilizzare il piano terra come sezione dell’archivio di Stato e ricovero di opere d’arte in caso di calamità naturale. Una svolta a “vita burocratica” per celle con bagni, locali cucina, sala colloqui, stanze ed uffici che non vedrebbe così un reale flusso di visitatori, mentre l’assessore non nasconde come sarebbe stato più desiderabile avere una conversione a nuova vita artistica e sociale come contrappasso all’uso della privazione della libertà personale che il regime carcerario comporta.

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