“Bisogna immediatamente intervenire sulla manutenzione e gestione del Teatro Grandinetti”

Francesco Grandinetti sollecita gli interventi sul patrimonio artistico esistente e sul futuro della struttura

«Forse non tutti sanno che nel Teatro Grandinetti di Lamezia Terme insistono delle opere d’arte di pittori e scultori lametini e non solo. Certamente non lo conosce il Comune di Lamezia Terme. Scrivo adesso visto che ormai il Comune è stato riconsegnato nelle mani di chi il popolo ha eletto e pertanto può agire con determinazione essendo ormai trascorso il periodo buio di un commissariamento che ha continuato a distruggere la nostra città». La constatazione è di Francesco Grandinetti, la cui famiglia è stata storicamente legata alla gestione del teatro, oggi comunale.

«Lo stato di degrado in cui versa il Teatro Grandinetti è veramente mortificante. Molte persone, riconoscendo nella mia persona la famiglia che all’inizio del secolo scorso ha costruito questo tempio laico mi invia foto a dir poco raccapriccianti. Una tra tutte la scultura ferrea di Zoltan Csemniczky raffigurante il teatro di Edoardo realizzata proprio per ospitare il grande Edoardo De Filippo in occasione della inaugurazione dopo il penultimo restauro, è staccata dal muro ed abbandonata vicino ai “gabinetti”. Non so come sia possibile che chi sta usando il Teatro in questi ultimi periodi non si sia accorto di ciò e magari rimetterla a posto a proprie spese se non altro per debito di riconoscenza verso questa struttura», lamenta Grandinetti, anche se al netto delle delibere di consiglio comunale ad oggi non c’è ancora un gestore titolare dei due teatri agibili lametini, che vanno avanti in ogni caso ad aprire le porte a spettacoli.

«Nel Teatro insistono altre opere di scultori lametini come le quattro posizionate sul prospetto del Teatro stesso di Antonio Saladino con una precisa motivazione espressiva, o la grande scultura bronzea del maestro Maurizio Carnevali raffigurante Giangurgolo realizzata ad hoc dal maestro usando una vecchia finestra del teatro degli inizi del secolo scorso da cui ha fatto affacciare la maschera calabra di Giangurgolo. All’interno, al primo piano c’è un grande quadro del maestro calabrese Pino Mainieri. Ahimè, non si trovano più due quadri nel maestro Antonio Caporale che erano posizionati nei due camerini principali», ricorda Grandinetti, «oltre agli affreschi del maestro ungherese Zsolt Lencsès che riprodusse nel penultimo restauro, voluto dalla mia famiglia, tutti gli antichi affreschi rimasti su carta nel periodo della guerra che io agli inizi degli anni 80 ho voluto riprodurre per come aveva progettato mio nonno. Il penultimo restauro è stato effettuato usando l’oro zecchino per tutte le parti dorate e recuperando alcune parti di vecchi affreschi (anni 20) nella hall di entrata. Insomma il Teatro non è un supermercato, esso è un tempio laico che va curato, gestito amorevolmente e senza scopi di lucro».

All’amministrazione comunale viene fatto presente che «questo stato di cose non si risolve affidando in via di urgenza la gestione del teatro ad una singola associazione/impresa, ma è opportuno invitare a formare un consorzio o una associazione temporanea di impresa tra le varie associazioni (prosa, musica, danza, cinema ecc…) ed affidare loro il compito di garantire l’uso “strettamente culturale” del Teatro. La mia associazione un paio d’anni fa aveva di fatto vinto l’affidamento di tale compito, addirittura con una sentenza del TAR, ma una serie di compromessi tra le strutture direttive e le “lobby culturali” della nostra città hanno fatto di tutto affinché non si concretizzasse la cosa. Non vorrei che anche adesso succedesse la stessa cosa sulla quale questa volta non passerei sopra».

Si contesta che «non si può affidare il Teatro Grandinetti e gli altri teatri della città, a trattativa privata reale o camuffata con una finta gara, con prequalifiche inserite ad hoc per favorire una sola associazione. Il teatro non deve essere al servizio di una singola associazione, il Teatro deve essere di tutti. E tutti devono poterne usufruire equitativamente secondo le proprie possibilità. Il teatro non può essere privo di “produzioni teatrali”. Chi fa produzione teatrale non ha tanti contributi pubblici come chi di fatto fa solo l’agenzia distribuendo gli spettacoli in tutta la Calabria. Il Teatro ha bisogno che al suo interno vivano corsi di recitazione, ci siano produzioni. I giovani che fanno produzione devono poterne usufruire. Abbiamo tanti talenti a cui dobbiamo dare conto. Solo con la cultura si vince veramente. Chi fa scuola di Teatro deve potere usufruire senza senso di inferiorità. Chi fa cinema d’autore deve poterne usufruire».

Si chiede così «di essere ricevuto dall’amministrazione e/o dal Consiglio Comunale per poter chiarire il mio pensiero e dare un mio contributo gratuito all’amministrazione che credo, con umiltà, possa essere concreto e se mi permettete, competente. Vorrei infine ricordare “a chi non mi ama”, che il nome Grandinetti del Teatro non è riferito a me, ma ad un altro Francesco Grandinetti, Don Ciccio, che nel primo ventennio del secolo scorso ha voluto regalare alla nostra città ( anni prima a Sambiase e poi a Nicastro) dei tempi laici di cui ancora oggi andiamo fieri, e quindi andrebbe rispettato nella forma e nella sostanza e forse anche nel ricordo».