Masi punta il dito contro le 59 unità di personale in meno dell’Asp di Catanzaro per lamentare la situazione lametina

Per quanto riguarda l’ospedale “Giovanni Paolo II” su un fabbisogno di 262 medici in servizio dovrebbe vedere 67 nuovi assunti (58 al netto dei 9 pensionamenti) e 4 stabilizzazioni, aumentando quindi rispetto ai 204 in servizio al 31 dicembre 2023

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«A testimoniare l’inarrestabile depotenziamento della sanità lametina e del nostro ospedale sono i dati forniti dalla stessa ASP di Catanzaro per l’anno 2024, basati sul costo del personale tra nuove assunzioni e pensionamenti. Dagli stessi si evince che a fine 2024, a causa del pensionamento di molti dipendenti, quelli in servizio, nonostante le nuove assunzioni e le stabilizzazioni, saranno 59 in meno, ovvero si passerà da 2.940 unità a 2.881 unità. Tutto ciò ovviamente aggraverà i problemi per l’organizzazione dell’assistenza sanitaria territoriale e soprattutto per la salute delle persone, in particolare anziani e fragili, con ricadute negative sull’intera utenza». È quanto afferma in una nota il segretario cittadino PD, Gennarino Masi, fornendo però i dati che riguardano l’intera azienda, quindi 3 ospedali (Lamezia Terme, Soveria Mannelli, Soverato) ed il territorio.

Per quanto riguarda l’ospedale “Giovanni Paolo II” su un fabbisogno di 262 medici in servizio dovrebbe vedere 67 nuovi assunti (58 al netto dei 9 pensionamenti) e 4 stabilizzazioni, aumentando quindi rispetto ai 204 in servizio al 31 dicembre 2023. Numeri che vanno poi valutati anche nel contesto attuale dei medici cubani in servizio anche in via Perugini (in foto l’accoglienza dell’ultimo gruppo arrivato).

Approvato dall’Asp di Catanzaro il piano del fabbisogno del personale per il 2024, la situazione nel lametino

 

Masi ne fa così una questione politica: «pur in assenza di dati certificati siamo convinti che i costi complessivi per l’azienda non si ridurranno in proporzione, anzi, aumenteranno per l’inevitabile ricorso al privato accreditato oltre alla maggiore spesa diretta delle famiglie (solo quelle che se lo possono permettere). A tal fine è drammatico il dato di un’analisi della Fondazione Gimbe: in Calabria il 7,2% delle famiglie nel 2022 ha rinunciato per povertà assoluta alle prestazioni sanitarie evidenziando che in tutte le 8 Regioni del Mezzogiorno l’aspettativa di vita è inferiore alla media nazionale, spia indiretta della bassa qualità dei servizi sanitari regionali. Tutto ciò al di là delle chiacchiere del presidente Occhiuto e dei suoi adepti, di accattivanti slogan e illusori proclami, è certo che l’autonomia differenziata non potrà mai ridurre le diseguaglianze in sanità, perché renderà le Regioni del Centro-Sud sempre più dipendenti dalle ricche Regioni del Nord, mentre resta latitante la conferenza dei sindaci. L’autonomia differenziata per la materia ‘tutela della salute’ non solo porterà al collasso la sanità del Mezzogiorno, ma darà anche il colpo di grazia al SSN, causando un disastro sanitario, economico e sociale senza precedenti. Solo per uno ‘scambio di cortesie’ nell’arena politica tra i fautori dell’autonomia differenziata e i fiancheggiatori del presidenzialismo, due riforme che, oltre ogni ragionevole dubbio, spaccheranno l’unità del Paese, stiamo di fatto rinunciando alla più grande conquista sociale del Paese e ad un pilastro della nostra democrazia: la sanità pubblica».

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